Storia, Uomini e luoghi
LUCA CARNEVALE, PARTIGIANO GRAVINESE
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23 Giu 2024
- Ultima modifica il Domenica, 23 Giugno 2024 05:18
- Pubblicato Domenica, 23 Giugno 2024 05:18
- Scritto da LA REDAZIONE
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Tutto passa in modo veloce; il tempo brucia ogni cosa, tutti i valori compreso la difesa di ideali che spesso comportano la perdita della vita.
Luca Carnevale, partigiano è il terzo di cinque figli. La famiglia risiede in via Figuli. Nell’estate del 1941 è assegnato all’8° Compagnia Sanità Ospedaliera, nel dicembre 1941 sbarca a Spalato, in zona di guerra, in seguito allo sbandamento seguito all’Armistizio raggiunge altri italiani come volontari per la Brigata Garibaldi.
Il battaglione è formato il 15 ottobre 1943, ufficialmente è denominato “II Battaglione Volontari “Italiani” ed opera alle dipendenze della I Divisione Proletaria dell’Esercito di Liberazione nazionale jugoslavo.
Superati i rigori dell’inverno, il battaglione è interessato dalla VII offensiva tedesca che le forze di occupazione germanica lanciano il 25 maggio per ben 46 giorni. Luca cade durante questa feroce offensiva il 23 giugno 1944 sul Crui Vrk mentre era impegnato in combattimento a seguito di ferite riportate prodotte da arma da fuoco.
Dal giugno di quel 1944 sono trascorsi 80 anni, eppure nessuno ha mai saputo dove fosse seppellito quel corpo, la memoria di Luca Carnevale, pastore partigiano caduto in terra straniera, resta affidata ad una stradina della sua città natia.
E’ la storia di un gravinese che sarà raccontata in una pubblicazione che uscirà l'anno prossimo a cura del prof. Desiante Massimiliano in occasione dell'80° anniversario della Liberazione d'Italia; in quel periodo sarà già stata approvata la legge sull’autonomia locale, speriamo di no.
LETTERA APERTA DEL SINDACO ALLA CITTA’ IN OCCASIONE DEI 300 ANNI DALL’ELEZIONE DI BENEDETTO XIII A PAPA
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28 Mag 2024
- Ultima modifica il Martedì, 28 Maggio 2024 04:54
- Pubblicato Martedì, 28 Maggio 2024 04:54
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Carissimi,
è con orgoglio, commozione e gratitudine che sento di parteciparvi la mia gioia infinita per le celebrazioni per i 300 anni da quando, il 29 maggio 1724, il nostro concittadino Frà Vincenzo Maria Orsini, al secolo Pierfrancesco, divenne Papa col nome di Benedetto XIII, il 245° nella storia della Chiesa Universale.
Trecento anni di storia potranno e dovranno essere un momento di necessaria riflessione, pensando che dal 2012 è stato avviato il Processo di Beatificazione e Canonizzazione del Servo di Dio Benedetto XIII, promosso dal Centro Studi a lui intitolato, grazie alla decisa e maturata convinzione della sua innata santità. In questo giorno solenne, pensare che la città potrebbe essere coronata dalla dichiarata ed ufficiale proclamazione di santità di un suo figlio illustre, non dovrebbe solo farci riprendere il cammino della nostra identità, ma dovrebbe indurci a credere nella certezza dell’appartenenza a quel passato costruito sul e per il bene altrui. Per servizio, per abnegazione, per vocazione e non per prestigio e né per carriera.
Egli fu coerente nella fede, nella speranza, nella carità, nell’altruismo, come i santi. Che vanno conosciuti per la loro umiltà e semplicità. Pierfrancersco Orsini, rinunciando ai privilegi di corte, del suo nobile casato, nel vestire le bianche lane della famiglia domenicana, mai pensando di diventare papa, è stato l’umile operaio nella grande vigna del Signore. Padre e Pastore.
Da Manfredonia a Cesena, da Benevento a Roma. Il pensiero agli ultimi, agli emarginati, agli ammalati lo ha reso grande agli occhi di Dio e di quegli uomini che, alla sua morte, hanno gridato Santo subito. Io sono fiero di lui. Ognuno di noi deve sentirsi fiero e forte nel pensare che la sua grandezza è stata quella di essere piccolo, nascosto nei misteri della divinità, facendosi servo dei servi di Dio. Lui è stato un modello, un esempio per tutti. Mons. Giovanni Tria, vescovo di Larino e biografo dell’Orsini, scrisse: "il suo zelo si poteva ammirare, ma difficilmente imitare".
Mons. Vernanzio Piersanti di Matelica, Maestro delle cerimonie apostoliche durante il suo pontificato, nella sua orazione funebre in memoria del pontefice, pronunciò, tra l’altro, le seguenti parole: "Egli eccelse per quella santità di vita che spinse nello stesso modo all'ammirazione anche i più sapienti. Le sue doti e le nobili azioni la cui vita, illustre di esempi di solide virtù, fu lontana sempre da ogni simulazione e da artifizi di amplificazione". San Filippo Neri, di cui l’Orsini fu devotissimo, diceva: “Un vescovo aspira alla stella polare Cristo, non al punto cardinale”.
Questa fu la vita del cardinale, dell’arcivescovo e del papa gravinese.
Con gioia vi ho comunicato i miei sentimenti, convinto che fossero e sono anche i vostri, perché se la nostra città potrà assurgere ad un alto livello di conoscenza, di gradimento ed apprezzamento, lo dovrà anche a chi ha saputo costruire, vivendo in obbedienza, in silenzio, in povertà la sua vita con il prossimo e per il prossimo.
Agli ingressi della nostra città ci sono i cartelli: Benvenuti nella città di Benedetto XIII. Mi auguro che diventino: Benvenuti nella città di San Papa Benedetto XIII.
Il Sindaco
Dott. Fedele LAGRECA
Puglia, antifascismo e luoghi della memoria
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17 Ott 2021
- Ultima modifica il Domenica, 17 Ottobre 2021 03:35
- Pubblicato Domenica, 17 Ottobre 2021 03:35
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La città di Gravina è uno degli snodi di una inedita guida che, proprio in questi giorni, edita da Edizioni dal Sud, è stata presentata al Salone Internazionale del libro di Torino.
“Puglia, in viaggio nella memoria tra i luoghi dell'Antifascismo, della Resistenza e dell'Accoglienza” ha l'innegabile pregio di offrire della nostra città, al pari delle altre località pugliesi illustrate, una panoramica originale che si intreccia con la memoria e la storia del Novecento.
La guida raccoglie i risultati di un ampio progetto affidato da Puglia Promozione all'Istituto Pugliese per la Storia dell'Antifascismo e dell'Italia contemporanea “Tommaso Fiore” con la precisa volontà di recuperare e restituire alla comunità tutta i luoghi della memoria ed eventi occorsi all'indomani dell'Armistizio in territorio pugliese.
La Puglia durante siddetto periodo storico si è largamente caratterizzata per aver ospitato numerosi campi di concentramento in cui furono reclusi italiani ed ebrei, ma anche slavi deportati dalla Jugoslavia occupata, oppositori del regime fascista e di accoglienza ove trovarono ospitalità sin dalla fine del 1943 migliaia di profughi italiani e stranieri tra cui moltissimi ebrei in fuga dalle persecuzioni nazifasciste. Di grande rilevo, inoltre, le violenze e le devastazioni perpetuate dai nazisti all'indomani dell'8 settembre 1943 contro militari sbandati ma anche contro cittadini inermi.
Questa guida rappresenta un inedito quanto stimolante strumento conoscitivo che ha il pregio di articolarsi in ben cinque itinerari omogenei. Essa intende, vieppiù, condurre alla scoperta dei luoghi della Resistenza partendo, non a caso, dal Teatro Piccinni di Bari quale epicentro della rinascita democratica in quanto a fine gennaio 1944 fu celebrato il Primo Congresso nazionale del CLN e quindi da dove, attraverso Radio Bari, si librarono nella nazione dopo oltre venti anni di dittatura la voce libera degli esponenti dell'antifascismo (da Croce a Cifarelli, da Fiore ad Eugenio Reale, da Carlo Sforza ad Alberto Cianca).
La guida si è posta anche l'obiettivo di recuperare i luoghi e le vicende precedenti al 1943 rimarcando la fulgida tradizione della regione che, occorre rimarcarlo, fu la regione del Mezzogiorno d'Italia a patire il maggior numero di confinati. Luoghi come Mola di Bari dove il 25 settembre 1921 fu assassinato da squadristi l'onorevole socialista Giuseppe Di Vagno, Turi sede del famigerato carcere da cui transitarono centinaia di oppositori tra cui Antonio Gramsci, le isole Tremiti approdo concentrazionario per quasi duemila oppositori tra cui Parri e Pertini.
Questi sentieri della memoria non mancano però di rilevare le peculiarità paesaggistiche, artistiche e culturali presenti nella Murgia dei Trulli e in quella Ionica, nell'Appennino Dauno, nel Gargano sino alle estreme propaggini del Salento.
Luoghi spesso che hanno ispirato penne di illustri saggisti e scrittori quali Antonio Gramsci, Benedetto Croce, Filippo Turati, Tommaso Fiore, Pasquale Soccio, Luigi Corvaglia.
La città di Gravina rientra nel terzo itinerario denominato “Terra di Bari”. Il percorso prende le mosse da Barletta (città Medaglia d'oro al Valor militare), epicentro di una eroica resistenza ma anche di una brutale rappresaglia, per addentrarsi verso l'Alta Murgia dove alle suggestive cave di bauxite del territorio spinazzolese fa eco Murgetta Rossi, sito di uno dei più efferati eccidi compiuto dai nazisti contro soldati italiani sbandati. Si giunge dunque a Gravina, esattamente ai piedi del colle di Botromagno, nei pressi dell'antica via Appia dove, il 9 settembre 1943, furono passati per le armi due giovani militari; superato il Ponte Acquedotto che conduce al “teschio” medievale, ecco il monumento dedicato a Filippo D'Agostino, irriducibile antifascista, assassinato con il gas ad Harteim ( Mauthausen), quindi, procedendo verso il centro, Palazzo Pepe, che ospitò il comando jugoslavo negli anni 1943-45, la cui preziosa presenza per la popolazione civile risulta attestata da una lapide posta sull'ospedale vecchio prospiciente la casa natale del martire ed apostolo del socialismo locale Canio Musacchio. L'itinerario procede quindi verso Altamura.
Quest'opera rappresenta il coronamento di un impegno pluriennale interamente rivolto alla salvaguardia della memoria affinchè da essa possa scaturire quella consapevolezza dell'accaduto che deve condurre ad una diffusa identità collettiva democratica ed antifascista.
Massimiliano Desiante - Ricercatore Ipsaic e curatore dell'opera
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RECUPERATI LIBRI SOTTRATTI ALLA BIBLIOTECA FINIA
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23 Set 2023
- Ultima modifica il Sabato, 23 Settembre 2023 02:48
- Pubblicato Sabato, 23 Settembre 2023 02:48
- Scritto da Vincenzo Varvara
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Ieri è stata restituita alla Biblioteca Finia la collana composta di tre libri a stampa dal titolo “NOVUS THESAURUS ANTIQUITATUM ROMANARUM… Hagae Comitum 1716, recuperata dopo una attività di indagine svolta nella provincia di Verona; i tre volumi furono rubati dalla stessa biblioteca negli anni '60.
Il libro è stato possibile riaverlo perchè compare negli inventari del 1772 e 1950; inoltre la forma e il luogo di applicazione del timbro abraso posto nella parte destra del frontespizio è completamente uguale ai timbri presenti in altri libri custoditi in biblioteca.
Il libro è stato individuato dal carabinieri della Tutela Patrimonio Culturale Nucleo di Perugia. I tre volumi fanno seguito alle Antichità romane di Graevius e riuniscono 85 opere erudite che non si trovano facilmente in edizioni separate.
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Puglia, antifascismo e luoghi della memoria
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17 Ott 2021
- Ultima modifica il Domenica, 17 Ottobre 2021 03:35
- Pubblicato Domenica, 17 Ottobre 2021 03:35
- Scritto da LA REDAZIONE
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La città di Gravina è uno degli snodi di una inedita guida che, proprio in questi giorni, edita da Edizioni dal Sud, è stata presentata al Salone Internazionale del libro di Torino.
“Puglia, in viaggio nella memoria tra i luoghi dell'Antifascismo, della Resistenza e dell'Accoglienza” ha l'innegabile pregio di offrire della nostra città, al pari delle altre località pugliesi illustrate, una panoramica originale che si intreccia con la memoria e la storia del Novecento.
La guida raccoglie i risultati di un ampio progetto affidato da Puglia Promozione all'Istituto Pugliese per la Storia dell'Antifascismo e dell'Italia contemporanea “Tommaso Fiore” con la precisa volontà di recuperare e restituire alla comunità tutta i luoghi della memoria ed eventi occorsi all'indomani dell'Armistizio in territorio pugliese.
La Puglia durante siddetto periodo storico si è largamente caratterizzata per aver ospitato numerosi campi di concentramento in cui furono reclusi italiani ed ebrei, ma anche slavi deportati dalla Jugoslavia occupata, oppositori del regime fascista e di accoglienza ove trovarono ospitalità sin dalla fine del 1943 migliaia di profughi italiani e stranieri tra cui moltissimi ebrei in fuga dalle persecuzioni nazifasciste. Di grande rilevo, inoltre, le violenze e le devastazioni perpetuate dai nazisti all'indomani dell'8 settembre 1943 contro militari sbandati ma anche contro cittadini inermi.
Questa guida rappresenta un inedito quanto stimolante strumento conoscitivo che ha il pregio di articolarsi in ben cinque itinerari omogenei. Essa intende, vieppiù, condurre alla scoperta dei luoghi della Resistenza partendo, non a caso, dal Teatro Piccinni di Bari quale epicentro della rinascita democratica in quanto a fine gennaio 1944 fu celebrato il Primo Congresso nazionale del CLN e quindi da dove, attraverso Radio Bari, si librarono nella nazione dopo oltre venti anni di dittatura la voce libera degli esponenti dell'antifascismo (da Croce a Cifarelli, da Fiore ad Eugenio Reale, da Carlo Sforza ad Alberto Cianca).
La guida si è posta anche l'obiettivo di recuperare i luoghi e le vicende precedenti al 1943 rimarcando la fulgida tradizione della regione che, occorre rimarcarlo, fu la regione del Mezzogiorno d'Italia a patire il maggior numero di confinati. Luoghi come Mola di Bari dove il 25 settembre 1921 fu assassinato da squadristi l'onorevole socialista Giuseppe Di Vagno, Turi sede del famigerato carcere da cui transitarono centinaia di oppositori tra cui Antonio Gramsci, le isole Tremiti approdo concentrazionario per quasi duemila oppositori tra cui Parri e Pertini.
Questi sentieri della memoria non mancano però di rilevare le peculiarità paesaggistiche, artistiche e culturali presenti nella Murgia dei Trulli e in quella Ionica, nell'Appennino Dauno, nel Gargano sino alle estreme propaggini del Salento.
Luoghi spesso che hanno ispirato penne di illustri saggisti e scrittori quali Antonio Gramsci, Benedetto Croce, Filippo Turati, Tommaso Fiore, Pasquale Soccio, Luigi Corvaglia.
La città di Gravina rientra nel terzo itinerario denominato “Terra di Bari”. Il percorso prende le mosse da Barletta (città Medaglia d'oro al Valor militare), epicentro di una eroica resistenza ma anche di una brutale rappresaglia, per addentrarsi verso l'Alta Murgia dove alle suggestive cave di bauxite del territorio spinazzolese fa eco Murgetta Rossi, sito di uno dei più efferati eccidi compiuto dai nazisti contro soldati italiani sbandati. Si giunge dunque a Gravina, esattamente ai piedi del colle di Botromagno, nei pressi dell'antica via Appia dove, il 9 settembre 1943, furono passati per le armi due giovani militari; superato il Ponte Acquedotto che conduce al “teschio” medievale, ecco il monumento dedicato a Filippo D'Agostino, irriducibile antifascista, assassinato con il gas ad Harteim ( Mauthausen), quindi, procedendo verso il centro, Palazzo Pepe, che ospitò il comando jugoslavo negli anni 1943-45, la cui preziosa presenza per la popolazione civile risulta attestata da una lapide posta sull'ospedale vecchio prospiciente la casa natale del martire ed apostolo del socialismo locale Canio Musacchio. L'itinerario procede quindi verso Altamura.
Quest'opera rappresenta il coronamento di un impegno pluriennale interamente rivolto alla salvaguardia della memoria affinchè da essa possa scaturire quella consapevolezza dell'accaduto che deve condurre ad una diffusa identità collettiva democratica ed antifascista.
Massimiliano Desiante - Ricercatore Ipsaic e curatore dell'opera
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OGGI, A 44 ANNI DAL RAPIMENTO DI ALDO MORO
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16 Mar 2022
- Ultima modifica il Mercoledì, 16 Marzo 2022 06:43
- Pubblicato Mercoledì, 16 Marzo 2022 06:43
- Scritto da Vincenzo Varvara
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Una data indelebile: 16 marzo 1978, quella mattina ci sarebbe dovuto star la presentazione delle dichiarazioni programmatiche del nuovo governo Andreotti alla Camera dei deputati. Fin dalle 8:45 gli uomini della scorta di Aldo Moro erano fuori dalla sua casa, in via del Forte Trionfale 79, in attesa che l’uomo politico esca dalla propria abitazione per accompagnarlo in Parlamento. Scese qualche minuto prima delle 9,00 e venne accompagnato all’auto di rappresentanza, una Fiat 130 berlina non blindata; partito il piccolo convoglio, che poco dopo l’abituale sosta nella Chiesa di Santa Chiara, all’incrocio tra via Fani e via Stresa fu aggredito dai brigatisti che uccisero i cinque uomini della scorta e prelevarono Aldo Moro.
Aldo Moro fu definito, insieme ad Enrico Berlinguer, segretario del Partito Comunista. l’artefice del compromesso storico tra DC e PCI con il primo governo della VII legislatura. Il nuovo governo, chiamato “governo della non sfiducia”, aveva superato la votazione di fiducia in parlamento grazie all’astensione del PCI e degli altri partiti dell’arco costituzionale: PSI, PSDI, PRI e PLI, rimanendo in carica dal 30 luglio 1976 al 13 marzo 1978, fu ribattezzato “governo monocolore di solidarietà nazionale”, grazie alla formula della non opposizione da parte del PCI. Infatti il PCI assicurò l’appoggio esterno al governo monocolore DC guidato da Giulio Andreotti.
IL SAN MICHELE DELLA “PORTA” 1799-2020
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28 Set 2020
- Ultima modifica il Lunedì, 28 Settembre 2020 10:33
- Pubblicato Lunedì, 28 Settembre 2020 10:33
- Scritto da LA REDAZIONE
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Il legame della città di Gravina con il suo santo patrono, l’arcangelo Michele, è sempre vivo nella devozione popolare. Se, però, è ben presente a tutti l’importanza della chiesa-grotta a lui dedicata, o la statua cinquecentesca collocata nella cattedrale, innumerevoli sono le altre presenze artistiche, iconografiche, toponomastiche del Principe delle Milizie celesti grandi e piccole, sparse lungo il tessuto urbano e nella trama storica gravinese, non sempre note, a volte misconosciute ai più.
Uno degli episodi forse meno famosi rispetto ad altri, di natura più leggendaria, come quello dell’apparizione del 1734 legata alla cacciata degli austriaci, risale a un anno cruciale per l’intera storia del Mezzogiorno, il 1799, quando il Regno di Napoli fu sconvolto dall’aspra lotta fra lealisti fedeli alla Corona e rivoluzionari filofrancesi. Uno scontro non solo politico e sociale ma ideologico, a tratti irriducibile, come lo era la contrapposizione fra il laicismo di impronta giacobina e la profonda religiosità del popolo, una lacerazione che per certi versi, dopo i furori totalitari del “secolo breve”, fa sentire ancora i suoi effetti. Proprio in nome della “Santa Fede” il cardinale Fabrizio Ruffo guidò la mobilitazione armata che portò alla riconquista del Regno dopo una lunga e sanguinosa guerra contro le forze repubblicane, fatta anche di episodi efferati come la presa e il sacco della vicina Altamura, a cui seguì l’arrivo delle truppe sanfediste a Gravina.
Le fonti non concordano sull’entità della resistenza liberale locale e sull’effettivo ingresso dei sanfedisti in città, ma appare certo che essa non dovette comunque subire la medesima sorte della vicina “Leonessa di Puglia”, anche per l’intercessione di alcuni nobili che attestarono presso il Ruffo la fedeltà di Gravina al Re, evitando che fosse teatro di un’ennesima strage. Attribuendo la salvezza ad un miracolo di San Michele, i gravinesi vollero omaggiarlo dedicandogli la porta già chiamata San Tommaso e poi Reale, situata in quella che fu una vera e propria “borsa del lavoro” dove avveniva la contrattazione e l’ingaggio di braccianti e operai, e ponendovi una statua a lui dedicata. Una statua di rozza fattura, forse artisticamente non di pregio, ma di assoluto valore storico, essendo legata a un evento di grande importanza nel contesto delle vicende degli ultimi due secoli. Tracce di San Michele, del resto, sono attestate lungo tutta quella che era una volta la cinta muraria della città, in corrispondenza delle antiche porte, delle cantine e delle cisterne oggi ipogee, a ridosso del fossato che la circondava, a testimoniare la diffusione di un culto che si legava spesso alla presenza di fonti d’acqua.
Proprio la data del 1799 è riportata sul cartiglio del simulacro, nel tempo ridottosi in cattive condizioni, che da oltre due secoli vigila all’ingresso del centro storico cittadino. Una testimonianza che, come altre, rischiava di finire nell’abbandono e nell’oblio, ma grazie alla sensibilità dei soci Lions Club di Gravina, e all’impegno di Pinuccio Massari, autore di una piccola pubblicazione che ripercorre i fatti qui brevemente narrati, la statua tornerà nella nicchia della porta, peraltro danneggiata dall’ordigno fatto esplodere lo scorso dicembre, dopo un opportuno e non più procrastinabile restauro che restituirà alla città un importante tassello della sua storia.
Francesco Mastromatteo