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Cultura ed Eventi

I prodotti tipici per promuovere Gravina

Si continua p promuovere Gravina. La Confesercenti guidata da Oronzo Rifino è stata protagonista per aver promosso i prodotti tipici locali nell’ambito di una manifestazione collaterale a Expo 20015 tenutasi a Bevagna, cittadina umbra. Vi presentiamo l’esperienza fatta dal promoter gravinese.

Matera aderisce allo Scratch International Day

 

Il comitato Matera 2019, il Comune di Matera, il club Coderdojo Matera e i Monachers (Linux Group) aderiscono allo Scratch International Day in programma il prossimo 9 maggio.
Tutti gli Istituti Comprensivi della Città, con una propria rappresentanza compresi i bimbi della scuola dell’infanzia, saranno i protagonisti di una festa collettiva sul coding, opensource e arduino.
“Matera – afferma il digital champion di Matera, Piersoft Paolicelli – è una delle quattro città a sud di Roma che aderisce a questa festa internazionale dell’innovazione. L’iniziativa si inserisce a chiusura del progetto Open Coder city, uno in Italia, che sarà candidato come progetto più accattivante al contest del coderdojo internazionale e che ricordiamo ha coinvolto tutte le scuole della nostra città”.
“Il coderdojo – afferma il direttore della fondazione Matera-Basilicata2019, Paolo Verri – è stato uno degli elementi più apprezzati dalla giuria che ci ha assegnato il titolo di capitale europea della cultura perchè non solo rappresenta una visione innovativa che coinvolge tutte le nuove generazioni, ma anche perchè rappresenta una tappa del percorso di formazione delle competenze esplicitamente contenuto nel dossier di candidatura.

Un modo di investire sui bimbi e della "BUONA SCUOLA".

FEDERICUS 2015

Si è appena conclusa Federicus 2015 ed indubbiamente si può parlare di successo in quanto al numero altissimo di visitatori, in quanto al bussness creato per l’economia del paese.

Bisogna veramente elogiare gli altamurani per il clamore che hanno saputo suscitare, per la compattezza dimostrata nel voler raggiungere alcuni traguardi però non mi è sembrata una manifestazione di alto profilo qualitativo per quanto attiene l’allestimento di alcuni stands nei quali si trovavano oggetti che non avevano nessuna attinenza con il Medioevo.

Coinvolgere, comunque, tutta la città vecchia e far rivivere le atmosfere di quei tempi è stato emozionante, gli stessi figuranti che vagavano per le stradine ti facevano vivere sensazioni forti.

Tutto questo sono riusciti a fare ad Altamura pur avendo poco da spartire con Federico II, eppure tempo addietro Gravina aveva cominciato la stessa avventura, la nostra Piazza della Repubblica che diventava un borgo medievale  e poi la sfilata dei cortei storici ma senza riuscire ad avere la stessa risonanza della nostra vicina cittadina.

 

Qualcosa non va, vuoi vedere che è la pubblicità, la divulgazione, la comunicazione? 

Clicca sull'immagine per visualizzare la galleria fotografica.

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Chiss jern ‘l chiù bell quann ‘u munn joir tunn

 Stajh a sciucuè a cavadda sciumment

E ‘m chiamast ‘p luarm nu dent

Stajh a sciucuè all cattureddr

E scemm a mangè ‘l gnummreddr

Stajh a sciucuè all palein

E m’accattast ‘l cannlein

Stajh a sciucuè o colp  ‘p l’artist

E nu prcupieh ‘m dcist

Stajh a sciucuè pu manopattn

E ‘m chiamast ‘p deisce nu fatt

Stajh a sciucuè a moscacigghie

E ‘t nascì pour nalt figghie

Stajh a sciucuè ‘p ‘l zomba paieis

e ‘t ‘n vnist teis teis

Stajh a sciucuè o disalò

Quann la naiv ‘s squagghiò

Stajh a sciucuè o girotond

E ‘t ‘n sciist all’alta spond

Stajh a sciucuè a joun mont ‘d la loun

E t’acchiast n’altoun

Stajh a sciucuè ‘p la foun

E na ncadibb ‘p fhrtoun

Stajh a sciucuè ‘o trentoun

Quann menz alla stroit nangi staje niscioun

Stajh a sciucuè all suldot

‘p nu cappidd e ‘p na spoid

Stajh a sciucuè o fazzlett

E ‘m decist nu dfett

Stajh a sciucuèe pu palloun

E m’arrvast nu rcchioun

Stajh a sciucuè pu scrisciot

E ‘t facib moil aroit

E mo ca na ‘s sciouck chiù

Amm fhrnout ‘d stè bun tutt e du

 

                   Nicola Colonna

 

 

 

Rimanete in me e io in voi

Dal Vangelo secondo Giovanni (Gv.15, 1-8)

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Io sono la vite vera e il Padre mio è l’agricoltore. Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo taglia, e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto. Voi siete già puri, a causa della parola che vi ho annunciato.
Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può portare frutto da se stesso se non rimane nella vite, così neanche voi se non rimanete in me. Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto, perché senza di me non potete far nulla. Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e secca; poi lo raccolgono, lo gettano nel fuoco e lo bruciano.
Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quello che volete e vi sarà fatto. In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli».

 

Commento:

Cristo vite, io tralcio: io e lui la stessa cosa! Stessa pianta, stessa vita, unica radice, una sola linfa. Lui in me, e io in lui come figlio nella madre, madre nel figlio. Ad anticiparmi in ciò che faccio, a prescindere dai miei sbagli e dalle mie virtù. “ Io sono la vite, quella vera ”.

E mentre nei profeti e nei salmi del Primo Testamento Dio appariva come il padrone della vigna, il contadino operoso, vendemmiatore attento, tutt’altra cosa rispetto alle viti, ora Gesù afferma qualcosa di rivoluzionario: “ Io sono la vite, voi siete i tralci ”. Facciamo parte della stessa pianta, siamo come le scintille nel fuoco, come una goccia nell’acqua, come il respiro nell’aria. Con l’incarnazione, innesto di Dio nell’umano, è accaduta una cosa straordinaria: il vignaiolo si è fatto vite, il seminatore seme, il vasaio si è fatto argilla, il Creatore creatura. La vite-Gesù spinge la linfa in tutti i miei tralci e fa circolare forza divina per ogni mia fibra. Succhio da lui la vita dolcissima e forte. Quale tralcio desidererebbe staccarsi dalla pianta? Perché mai vorrebbe desiderare la morte? Mi tengo innestato in Gesù con la fede e Gesù resta in me attraverso l’amore e la fecondità. Dio che mi sei intimo, che mi scorri dentro, tu mi vuoi sempre più vivo e più fecondo di gesti d’amore, mi vuoi lussureggiante. Ogni tralcio che porta frutto lo pota perché porti più frutto .

Questo vuole per me il Dio vignaiolo: “Portare frutto è simbolo del possedere la vita divina” (Brown). Potare la vite non significa amputare, significa darle forza, qualsiasi contadino lo sa. Tra il ceppo e i tralci della vite, la comunione è data dalla linfa che sale. Questo è il tesoro che portiamo nei nostri vasi d’argilla. Un tesoro divino. C’è un amore che sale lungo i ceppi di tutte le vigne, di tutte le esistenze, un amore che sale in me. E l’ho sentito tante volte nelle stagioni del mio inverno, del mio scontento; l’ho visto aprire esistenze che sembravano finite, far ripartire famiglie che sembravano distrutte. E perfino le mie spine ha fatto rifiorire. Se noi sapessimo quale energia c’è nella creatura umana! Una vita che viene da prima di noi e va oltre noi. Viene da Dio, radice del vivere, e dice a ogni piccolo tralcio: “ Ho bisogno di te, per una vendemmia di sole e di miele” .

 

 

San Michele delle Grotte

Il complesso risale ai primi secoli dell’era cristiana, quando, alla fine del V secolo, dalla chiesa-grotta di Monte Sant’Angelo sul Gargano, si propagò la devozione per San Michele Arcangelo. Si trova nell’“habitat rupestre” del rione Fondovico, sul lato sinistro del burrone “la gravina” ed è considerata la prima Cattedrale di Gravina. Il complesso si apre con un portico naturale costituito da una grotta di grandi dimensioni con colonne monolitiche intagliate nella roccia da cui, attraverso una scala in tufo, si accede al piano superiore e, per mezzo di un angusto corridoio, alla chiesa-grotta. Quest’ultima è strutturata in 5 navate tutte absidate ed intercomunicanti, scandite da 14 pilastri naturali intagliati nella roccia e raccordati da archi a tutto sesto. La copertura piana è formata da un blocco roccioso monolitico. La soppressione di 2 colonne nella zona centrale, ha reso più ampio lo spazio antistante l’altare maggiore. Il transetto è sopraelevato di un gradino sul quale, probabilmente, poggiavano balaustre o trabeazioni lignee della iconostasi. La luce filtrava attraverso oculi poi ampliati in finestre ricavate nella parete prospiciente la scarpata. Sulla parete destra si trova l’arcosolio sormontato da una cornice intagliata nella roccia che, molto probabilmente, conteneva l’immagine miracolosa della Madonna della Consolazione. Sulle pareti delle absidi, invece, sono visibili alcuni affreschi di XIII e XIV sec., tra i quali il Cristo Pantocratore tra San Michele e San Paolo. Altri affreschi sono di epoca più tarda in precario stato di conservazione, come la Crocifissione con tre figure femminili ai lati della Croce. A partire dal XVII-XVIII sec., sull’altare centrale fu collocata la statua di San Michele Arcangelo in pietra del Gargano mentre in quelli laterali le statue in gesso degli Arcangeli Gabriele e Raffaele. Adiacente alla Chiesa di San Michele c’è la grotta nella quale si consumò l’eccidio dei gravinesi, trucidati dai saraceni nel X secolo. In essa erano conservate le ossa dei martiri di Gravina. La grande quantità di ossa ritrovate fa supporre, però, che l’edificio fosse stato trasformato in cimitero, dopo essere stato sconsacrato. Le pareti ricche di affreschi, oggi presentano i danni provocati dall’incuria, purtroppo un altro esempio della cripta di San Vito Vecchio se non peggiore. Ma la devozione dei gravinesi non è mai venuta meno, sempre il 7 e 8 maggio ci sono festeggiamenti civili e dal 2006 sono riprese anche le celebrazioni eucaristiche.

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“Ajiir” e “Jousce”


“Ajiir” jè vnout ad acchiè “Jousce”

Chioin chioin s’ann’avvicinoit

p’arricurdè u timb passoot

S’ann stringiout la moin

u vecchie pu nuv

u bell pu brutt

sapenn sopratutt

ca timb jern e timb sond

‘L vsteit sein

poir c’ann cangiot

pour sapenn ca chiein ‘d spein

‘u cour jè rumois

Cuss agghih vist l’alta dì

quann o cortèh jè sfloit

”Ajiir”

accam na vintloot ‘d ponzir

ca tarhmindout da “Jousce”

jè fatt susphrè:

“Menu moil ch’è firnout chedda crousce”

 

                                   Nicola Colonna