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Storia, Uomini e luoghi

L’ANTIMILITARISTA GIACOMO MATTEOTTI

Ieri si è celebrata la 58^ Giornata Mondiale per la Pace, istituita da Papa Paolo VI nel 1968, ma già nel 1906 Giacomo Matteotti ebbe a dire: “Vi è stato detto, è vero, che i vostri dolori troveranno una ricompensa al mondo di là. Noi non sappiamo dove e se quest’altro mondo ci sia. Ma non crediamo questa una buona ragione per rinunciare a un po’ di paradiso in questo mondo nel quale viviamo e sulla cui esistenza nessuno può dubitare”.

In più occasioni è possibile riscontrare il pacifismo di Matteotti, durante la prima guerra mondiale fu determinato ad opporsi a qualsiasi intervento bellico e la  sua posizione rimase costante anche di fronte alle pressioni dei suoi compagni socialisti, divenuti interventisti.

Nell’ottobre 1923, a guerra finita, avvertendo il pericolo di un aumento dei nazionalismi, forieri di militarismi e imperialismi, scrisse che “la causa prima di tutte le sofferenze è stata proprio la guerra e la politica bellicosa dei nazionalismi”.

L’episodio di violenza subito da Matteotti nel Polesine evidenziò il suo coraggio e la sua determinazione, nonostante le minacce e le aggressioni subite, rimase fermo nei suoi principi. La sua serenità di fronte alla violenza fascista dimostrò la sua forza morale e la sua dedizione alla non violenza.

Insomma Giacomo Matteotti rappresenta un esempio di come il pacifismo e la non violenza possano essere strumenti politici potenti nella lotta per la giustizia sociale. La sua vita e le sue azioni ci invitano a riflettere sull’importanza di costruire un “po’ di paradiso” nel nostro mondo, affrontando le ingiustizie e le violenze con coraggio e con determinazione, senza mai rinunciare ai principi di pace e di solidarietà.

La sua preziosa eredità deve continuare ad ispirare coloro che lottano per un futuro migliore, liberi dalla guerra e dalla violenza.

IL SINDACO PESCATORE

Il noto attore Ettore Bassi, porta in scena la storia di un eroe normale, Angelo Vassallo, il Sindaco Pescatore.

Un uomo normale e straordinario in una regione malata e straordinaria come la Campania.

Angelo Vassallo, il Sindaco Pescatore, un uomo che sacrificò con la sua vita l'impegno di amministrare per difendere e migliorare la sua terra e le sue persone.

 

La sua opera di uomo semplice onesto e lungimirante attraverso l'inizio della sua carriera politica, i successi straordinari ottenuti sul campo del Cilento nell'ottica del Bene Comune, compresa l'operazione Dieta Mediterranea assunta grazie a lui a Patrimonio dell'Unesco, fino al suo tragico epilogo.

Ambientalista convinto, l'amore del mare e della sua terra che nella sua attività di amministratore lo aveva sempre ispirato; esempio di rigore nel rispetto della legge con modi severi e fermi che però permettono di mantenere intatta la bellezza di uno dei luoghi più caratteristici del Cilento.

Emblematica la sua ordinanza di una multa fino a mille euro per chi viene sorpreso a gettare a terra cenere e mozziconi di sigarette: un solo mozzicone inquina un metro cubo di acqua per un anno intero.

La sera del 5 settembre 2010, mentre rincasava alla guida della sua auto, fu barbaramente e vigliaccamente ucciso per mano di uno o più assassini ancora oggi ignoti.

Più di 500 persone tra sindaci, amministratori locali e semplici cittadini il 10 febbraio 2018 marciarono per dire no alla archiviazione dell' inchiesta sull' omicidio dell ex sindaco di Pollica.

Lo spettacolo prodotto da Michele Ido con la regia di Enrico Maria Lamanna è interpretato da Ettore Bassi, su drammaturgia di Edoardo Erba tratta dal libro di Dario Vassallo " Il Sindaco Pescatore " e dai racconti di chi lo ha conosciuto e non lo vuole dimenticare. Nel 2016 andò in onda su rai uno il film tv su questa storia, interpretato da Sergio Castellitto.

L'appuntamento è per il 30 luglio presso il Castello Svevo ore 21, ingresso libero.

LETTERA APERTA DEL SINDACO ALLA CITTA’ IN OCCASIONE DEI 300 ANNI DALL’ELEZIONE DI BENEDETTO XIII A PAPA

Carissimi,

è con orgoglio, commozione e gratitudine che sento di parteciparvi la mia gioia infinita per le celebrazioni per i 300 anni da quando, il 29 maggio 1724, il nostro concittadino Frà Vincenzo Maria Orsini, al secolo Pierfrancesco, divenne Papa col nome di Benedetto XIII, il 245° nella storia della Chiesa Universale.

Trecento anni di storia potranno e dovranno essere un momento di necessaria riflessione, pensando che dal 2012 è stato avviato il Processo di Beatificazione e Canonizzazione del Servo di Dio Benedetto XIII, promosso dal Centro Studi a lui intitolato, grazie alla decisa e maturata convinzione della sua innata santità. In questo giorno solenne, pensare che la città potrebbe essere coronata dalla dichiarata ed ufficiale proclamazione di santità di un suo figlio illustre, non dovrebbe solo farci riprendere il cammino della nostra identità, ma dovrebbe indurci a credere nella certezza dell’appartenenza a quel passato costruito sul e per il bene altrui. Per servizio, per abnegazione, per vocazione e non per prestigio e né per carriera.

Egli fu coerente nella fede, nella speranza, nella carità, nell’altruismo, come i santi. Che vanno conosciuti per la loro umiltà e semplicità. Pierfrancersco Orsini, rinunciando ai privilegi di corte,  del suo nobile casato, nel vestire le bianche lane della famiglia domenicana, mai pensando di diventare papa, è stato l’umile operaio nella grande vigna del Signore. Padre e Pastore.

Da Manfredonia a Cesena, da Benevento a Roma. Il pensiero agli ultimi, agli emarginati, agli ammalati lo ha reso grande agli occhi di Dio e di quegli uomini che, alla sua morte, hanno gridato Santo subito. Io sono fiero di lui. Ognuno di noi deve sentirsi fiero e forte nel pensare che la sua grandezza è stata quella di essere piccolo, nascosto nei misteri della divinità, facendosi servo dei servi di Dio. Lui è stato un modello, un esempio per tutti. Mons. Giovanni Tria, vescovo di Larino e biografo dell’Orsini, scrisse: "il suo zelo si poteva ammirare, ma difficilmente imitare".

Mons. Vernanzio Piersanti di Matelica, Maestro delle cerimonie apostoliche durante il suo pontificato, nella sua orazione funebre in memoria del pontefice, pronunciò, tra l’altro, le seguenti parole: "Egli eccelse per quella santità di vita che spinse nello stesso modo all'ammirazione anche i più sapienti. Le sue doti e le nobili azioni la cui vita, illustre di esempi di solide virtù, fu lontana sempre da ogni simulazione e da artifizi di amplificazione". San Filippo Neri, di cui l’Orsini fu devotissimo, diceva:  “Un vescovo aspira alla stella polare Cristo, non al punto cardinale”.

Questa fu la vita del cardinale, dell’arcivescovo e del papa gravinese.

Con gioia vi ho comunicato i miei sentimenti, convinto che fossero e sono anche i vostri, perché se la nostra città potrà assurgere ad un alto livello di conoscenza, di gradimento ed apprezzamento, lo dovrà anche a chi ha saputo costruire, vivendo in obbedienza, in silenzio, in povertà la sua vita con il prossimo e per il prossimo.

Agli ingressi della nostra città ci sono i cartelli: Benvenuti nella città di Benedetto XIII. Mi auguro che diventino: Benvenuti nella città di San Papa Benedetto XIII.

 

Il Sindaco

Dott. Fedele LAGRECA

ANCORA NASCOSTA LA VERITA’ DELLA STRAGE DI VIA D’AMELIO

Uno dei depistaggi più grandi della storia recente italiana, messa in piedi per coprire gli autori della strage di via D’Amelio, a Palermo, dove persero la vita il giudice Paolo Borsellino e 5 agenti della scorta (Emanuela Loi, Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina, Claudio Traina). Questo è l’assunto attorno al quale girano tutte le attestazioni e i messaggi per ricordare ed onorare il 32esimo anniversario del massacro. Erano le 16.58 di domenica 19 luglio 1992 quando il giudice scese dalla sua vettura per citofonare alla madre, che andava a trovare regolarmente dopo aver trascorso la giornata al mare con moglie e figli. In pochi secondi lo scenario cambiò totalmente: esplosero 70 chili di tritolo facendo a pezzi tutto quello che si trovava nei dintorni auto, finestre e tapparelle, asfalto.

La famiglia chiede di non ridursi a celebrazioni di rito ma di fare luce sulla verità, tutto ruota attorno ad oggetti e dinamiche che costituiscono il cuore sconosciuto della vicenda: una trattativa e un’agenda rossa, che probabilmente ne conteneva i dettagli.

Un falso pentito, Vincenzo Scarantino, che recitò il testo che raccontava la storia di un giudice buono ammazzato dalla mafia cattiva. Sullo sfondo un palazzo di giustizia, quello palermitano, il nido di vipere, come lo soprannominò Borsellino un mese prima di saltare in aria. Magistrati e investigatori che misero mano alle indagini, ma poi le persero… le mani, le indagini e la dignità.

RECUPERATI LIBRI SOTTRATTI ALLA BIBLIOTECA FINIA

Ieri è stata restituita alla Biblioteca Finia la collana composta di tre libri a stampa dal titolo “NOVUS THESAURUS ANTIQUITATUM ROMANARUM… Hagae Comitum 1716, recuperata dopo una attività di indagine svolta nella provincia di Verona; i tre volumi furono rubati dalla stessa biblioteca negli anni '60.   

Il libro è stato possibile riaverlo perchè compare negli inventari del 1772 e 1950; inoltre la forma e il luogo di applicazione del timbro abraso posto nella parte destra del frontespizio è completamente uguale ai timbri presenti in altri libri custoditi in biblioteca. 

Il libro è stato individuato dal carabinieri della Tutela Patrimonio Culturale Nucleo di Perugia. I tre volumi fanno seguito alle Antichità romane di Graevius e riuniscono 85 opere erudite che non si trovano facilmente in edizioni separate. 

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LUCA CARNEVALE, PARTIGIANO GRAVINESE

Tutto passa in modo veloce; il tempo brucia ogni cosa, tutti i valori compreso la difesa di ideali che spesso comportano la perdita della vita.

Luca Carnevale, partigiano è il terzo di cinque figli. La famiglia risiede in via Figuli. Nell’estate del 1941 è assegnato all’8° Compagnia Sanità Ospedaliera,  nel dicembre 1941  sbarca a Spalato, in zona di guerra, in seguito allo sbandamento seguito all’Armistizio raggiunge altri italiani come volontari per la Brigata Garibaldi.

Il battaglione è formato il 15 ottobre 1943, ufficialmente è denominato “II Battaglione Volontari “Italiani” ed opera alle dipendenze della I Divisione Proletaria dell’Esercito di Liberazione nazionale jugoslavo.

Superati i rigori dell’inverno, il battaglione è interessato dalla VII offensiva tedesca che le forze di occupazione germanica lanciano il 25 maggio per ben 46 giorni. Luca cade durante questa feroce offensiva il 23 giugno 1944 sul Crui Vrk mentre era impegnato in combattimento a seguito di ferite riportate prodotte da arma da fuoco.

Dal giugno di quel 1944 sono trascorsi 80 anni, eppure nessuno ha mai saputo dove fosse seppellito quel corpo, la memoria di Luca Carnevale, pastore partigiano caduto in terra straniera, resta affidata ad una stradina della sua città natia.

E’ la storia di un gravinese che sarà raccontata in una pubblicazione che uscirà l'anno prossimo a cura del prof. Desiante Massimiliano in occasione dell'80° anniversario della Liberazione d'Italia; in quel periodo sarà già stata approvata la legge sull’autonomia locale, speriamo di no.

OGGI, A 44 ANNI DAL RAPIMENTO DI ALDO MORO

Una data indelebile: 16 marzo 1978, quella mattina ci sarebbe dovuto star la presentazione delle dichiarazioni programmatiche del nuovo governo Andreotti alla Camera dei deputati. Fin dalle 8:45 gli uomini della scorta di Aldo Moro erano fuori dalla sua casa, in via del Forte Trionfale 79, in attesa che l’uomo politico esca dalla propria abitazione per accompagnarlo in Parlamento. Scese qualche minuto prima delle 9,00 e venne accompagnato all’auto di rappresentanza, una Fiat 130 berlina non blindata; partito il piccolo convoglio, che poco dopo l’abituale sosta nella Chiesa di Santa Chiara, all’incrocio tra via Fani e via Stresa fu aggredito dai brigatisti che uccisero i cinque uomini della scorta e prelevarono Aldo Moro.

Aldo Moro fu definito, insieme ad Enrico Berlinguer, segretario del Partito Comunista. l’artefice del compromesso storico tra DC e PCI con il primo governo della VII legislatura. Il nuovo governo, chiamato “governo della non sfiducia”, aveva superato la votazione di fiducia in parlamento grazie all’astensione del PCI e degli altri partiti dell’arco costituzionale: PSI, PSDI, PRI e PLI,  rimanendo in carica dal 30 luglio 1976 al 13 marzo 1978, fu ribattezzato “governo monocolore di solidarietà nazionale”, grazie alla formula della non opposizione da parte del PCI. Infatti il PCI assicurò l’appoggio esterno al governo monocolore DC guidato da Giulio Andreotti.