Storia, Uomini e luoghi
GIOVANNI DI MONTFORT, CONTE E SIGNORE DI GRAVINA DAL 1289 AL 1300
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22 Mag 2025
- Ultima modifica il Giovedì, 22 Maggio 2025 04:45
- Pubblicato Giovedì, 22 Maggio 2025 04:45
- Scritto da LA REDAZIONE
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Giovanni Monfort, il padrino che richiamò in auge la Fiera “San Giorgio” dal torpore in cui l’avevano relegata i Normanni e gli Svevi.
Egli si adoperò per la riqualificazione delle mura, dell’ormai sconfinata Isola del Piano, della realizzazione del nuovo Castello e per l’abbandono del vecchio castello donato alla Mensa Vescovile che lo trasformò in Episcopio; nacque nella Francia meridionale tra il 1259 e 1260 da Filippo II signore di Castres, e da Jeanne de Lévis-Mirepoix.
Fu Carlo I d’Angiò a presentarlo come suo familiare e consanguineo nel diploma redatto a Napoli il 24 gennaio 1271, con cui gli assegnò il titolo di Conte e la terra di Geraci in Sicilia, unitamente ai feudi di Gangi e Castel di Lucio.
Nello stesso anno, re Carlo concesse altri feudi a suo fratello Simone e con tali donazioni volle attestare la massima riconoscenza al loro padre Filippo, che gli era stato valido collaboratore durante la conquista del Regno di Napoli, morto pochi mesi prima, durante la crociata contro Tunisi.
Nel luglio dello stesso anno, Giovanni conseguì la contea di Squillace con i feudi di Soverato e Satriano in Calabria, in cambio dei feudi siciliani ricevuti precedentemente.
Il 1273 fu insignito del titolo di Camerario del Regno, che lo mantenne sino alla sua morte. Tale carica onorifica lo impegnava a curare la persona del re e la sua famiglia per cui riceveva consistenti guadagni finanziari e massimo rispetto dei sudditi angioini.
Nel 1275 Giovanni sposò Margherita, figlia primogenita di Pietro di Beaumont, potente Camerario del Regno, che gli portò in dote la contea di Montescaglioso, con i feudi di Camarda, Pomarico, Craco, Uggiano e Montepeloso.
Da Margherita, purtroppo, non ebbe figli, per cui morì senza eredi e tutti i suoi feudi furono devoluti al Regio Demanio ad esclusione della contea di Montescaglioso appartenente alla moglie.
Nel corso degli anni gli furono attribuite funzioni più importanti in materia di fortificazioni e manutenzione delle difese regie, nonché il comando di operazioni militari destinate a contenere l’avanzata delle forze siculo-aragonesi in Calabria, dopo la rivolta dei Vespri del 1282.
È molto probabile che durante il governo del feudo gravinese sia stato impegnato a rinforzare la difesa della cinta muraria della Civita e, soprattutto, la costruzione del nuovo castello.
Il 6 gennaio 1285 Carlo I, nel dettare le sue ultime volontà, nominò Montfort Capitano Generale del Regno con il compito di affiancare il reggente Roberto d’Artois fino alla liberazione del figlio Carlo II, prigioniero degli aragonesi, questi quando divenne re, volle al suo fianco il Montfort e si avvalse per trattare la pace nel Regno (1289), che gli doveva rendere liberi i tre figli, lasciati in ostaggio presso gli Aragonesi, e placare gli animi esasperati di nemici e sudditi.
Monfort, durante il regno di Carlo II, fu uno dei più validi ed utili ufficiali della corona e mantenne un ruolo importante nell’amministrazione del Regno. Fu sempre impegnato nella difesa del confine calabrese, per cui restò lontano dalla corte per lunghi periodi.
Il 15 agosto del 1289 Giovanni di Monfort già conte di Squillace e di Montescaglioso, fu infeudato nella contea di Gravina.
Il documento di investitura fu indirizzato al Secreto di Puglia, affinché assicurasse al Monfort il reale e completo possesso della terra di Gravina e facesse prestare giuramento di fedeltà a tutti gli uomini di detta terra. Il Secreto ebbe ordine che, dopo aver espletati gli atti di assegnazione, giuramento ed assicurazione, doveva far stilare da un notaio tre copie del pubblico atto di donazione: la prima da dare al neo conte, la seconda da conservare nella Segreteria di Puglia, la terza da inviare alla Regia Camera.
La concessione a favore di Monfort fu accompagnata dalla prescrizione più rigorosa con l’inserimento della clausola per la osservanza degli “Usi Civici”, perché non erano stati rispettati e onorati dai precedenti feudatari Belloioco e Burcardo, predecessori, inadempienti, che provocarono continue contestazioni accompagnate da suppliche al re, affinché intervenisse per assicurare la giusta applicazione delle antiche consuetudini.
La reale consistenza del patrimonio demaniale affidato a Monfort si rileva da preziosi documenti, stilati dopo la sua morte. In essi fu registrato l’inventario dettagliato dei diritti, dei beni, del denaro e delle terre, riacquisiti dalla Regia Curia, poiché il conte non aveva eredi.
Prof. Fedele Raguso