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Cultura ed Eventi

A PROPOSITO DI PALLONE DI GRAVINA

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Pubblichiamo una prima nota del Prof. Fedele Raguso sul "pallone di Gravina" a cui ne seguiranno altre, al fine di avere conoscenza su un prodotto tipico molto gustoso:

Il termine “Pallone” di Gravina stà a significare la “provola o il caciocavallo” che si produceva da tempo immemorabile.  Anche oggi se ne producono tanti di ottima qualità e sapori come nel lontano passato.

I primitivi allevatori gravinesi come tutti i loro simili conobbero l’arte del cagliare il latte sin dalla domesticazione di ovini e bovini da cui ricavano il prezioso liquido nutriente. Quell’arte scaturì dalla necessità di non perdere il prezioso latte con le sue caseine, che si potevano estrarre con la coagulazione, favorita dal “caglio naturale (sostanza acida), ricavato dall’abomaso di ruminanti lattanti. Esisteva anche il “caglio vegetale”, ricavato dal “Caglio (Galium verum – carciofo selvatico)”, pianta erbacea delle Rubiacee con fiori gialli in pannocchia, che un tempo veniva usata per far cagliare il latte.

La coagulazione del latte fu, inizialmente, una scoperta, seguita, poi, dalle invenzione delle tecniche e metodi di cagliatura professionale per ricavare dal latte il massimo dei suoi contenuti che si concretizzavano in formaggio, ricotta, burro.

Nello stesso tempo scoprirono la filatura delle paste dei formaggi a cui seguirono le invenzioni delle varie tecniche di trasformazione del formaggio in prodotti filati come mozzarelle, provole, provoloni.

La prima fonte scritta (rinvenuta e posseduta) che parla dei prodotti caseari gravinesi è quella del tabulario (geometra estimatore) Virgilio De Marino (Apprezzo della città di Gravina 1608, p. 74 ed. a cura di F. Amodio).

De Marino tramanda: “Vi si fanno casi, casi cavalli et recotte in gran copia che ne vendeno fuora della citta infiniti quali si conservano in alcune stantie dentro la citta ditti li casolari in loco appartato, per che apportano puzza et si ce fa mele in quantità et cera.”

Nel 1802 il geografo Lorenzo Giustiniani (nel Dizionario geografico ragionato del Regno di Napoli, Napoli 1802, voce Gravina), nel descrivere i prodotti tipici più significativi scrisse: ”Una delle massime industrie è quella dei formaggi, che vi riescono assai saporiti, e specialmente i cacicavalli che fanno di una figura rotonda appellati melloni, o palloni, sono squisitissimi.”.

Per quanto abbia letto e ricercato, non ho trovato altre fonti che abbiano definito i cacicavalli di Gravina “palloni”.

Il geografo Giustiniani fu il primo ad appellare “pallone” il provolone gravinese, in virtù della sua forma sferica, definendolo, oltretutto, squisitissimo, dopo averlo degustato.

Sicuramente, dal Giustiniani fu presa la voce di “pallone – provolone” che si legge

in altre fonti letterarie posteriori al 1802.

Infatti, nel Vocabolario di Agricoltura, di CANEVAZZI - MANCINI, pubblicato a Rocca San Casciano(Forlì-Cesena)1871-1892, si legge “provolone  - formaggio crudo a pasta dura, dolce o piccante, in forma di grossa pera o di globo - "Sorta di cacio, simile al cacio cavallo, ma della forma d'una grossa palla, terminata qualche volta da una specie di picciuolo. Sono reputati, tra gli altri, i provoloni di Gravina nelle Puglie”.

Basterebbero queste attestazioni, sarebbero più che sufficienti per attestare la vetustà la qualità tipica e specifica del “Pallone di Gravina” e convincere tutti coloro che sono preposti all’attribuzione del marchio DOP.

                           Fedele RAGUSO

 

 

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