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Dal battesimo di Gesù alla conversione dell'uomo

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Dal Vangelo secondo Matteo (Mt 3,13-17)

In quel tempo, Gesù dalla Galilea venne al Giordano da Giovanni, per farsi battezzare da lui.

Giovanni però voleva impedirglielo, dicendo: «Sono io che ho bisogno di essere battezzato da te, e tu vieni da me?». Ma Gesù gli rispose: «Lascia fare per ora, perché conviene che adempiamo ogni giustizia». Allora egli lo lasciò fare.

Appena battezzato, Gesù uscì dall’acqua: ed ecco, si aprirono per lui i cieli ed egli vide lo Spirito di Dio discendere come una colomba e venire sopra di lui. Ed ecco una voce dal cielo che diceva: «Questi è il Figlio mio, l’amato: in lui ho posto il mio compiacimento».

Commento:
Il breve racconto di Matteo sul Battesimo del Signore comincia dicendo che Gesù “andò dalla Galilea in Giudea da Giovanni, per essere battezzato: con questa formula molto breve, molto semplice, viene descritto un cammino reale che Gesù compie.

Pensiamo al battesimo come all’irruzione del divino in Gesù e dimentichiamo il cammino reale che Egli compie, che implica decisione, implica distacco, implica trasformazione. Nel vangelo di Luca leggiamo che Gesù “cresceva in sapienza, età e grazia” e questo è avvenuto realmente con una crescita anche spirituale.

Così anche noi che vogliamo assomigliare a Gesù, dobbiamo passare dalla falsità della nostra vita, a una chiarezza interiore, a una trasparenza che consenta all’azione di Dio di riflettersi in noi. “Conviene che adempiamo ogni giustizia”, risponde Gesù al Battista, il quale non crede giusto che il Signore venga a farsi battezzare da lui. Quante volte ci ribelliamo davanti a cose, eventi, reazioni, che feriscono il nostro senso della giustizia!

Dio invece si incarna in Gesù di Nazareth per introdurre nel nostro mondo un altro senso della realtà, una giustizia che sconvolge la nostra, ma che si rivela essere quella vera, quella che instaura, fin d’ora, il Regno dell’amore.
Che cosa è venuto a fare Gesù sulla terra? A salvare l’umanità dal male provocato dalla prigionia in cui l’uomo si è rinchiuso, perché crede di trovare la felicità secondo i suoi criteri.

Fatto per l’infinito, l’uomo tuttavia è circoscritto nel tempo, nello spazio, è determinato dalla sua eredità, limitato nella sua conoscenza. Il divario tra il destino infinito e la realtà di creatura dell’uomo disegna lo spazio dove s’insinua il peccato: è il difetto, cioè l’ignoranza del bene, che spinge ciascuno a procurarsi ciò che gli manca, con il rischio di sbagliare, di lasciarsi abbagliare da ciò che luccica, ma che si dimostra poi essere un male.

Gesù è venuto ad indicarci la strada del vero bene, che è la vita di Dio offerta dall’umanità, che è l’Amore. Compiere ogni giustizia diventa allora ripartire dal difetto, dal peccato, per ritornare alla realtà alla quale si mirava, ma che è stata travisata.
Ecco la conversione: il ritorno al vuoto iniziale, all’angoscia del limite per riprendere la strada che porterà alla vera felicità.

Gesù è venuto per farci da guida su questo cammino. Si è identificato con i peccatori, scendendo nel Giordano, come se avesse bisogno di essere lavato, lui, l’Agnello immacolato, dalle nostre presunzioni.
Paolo, scrutando questo mistero, giunge ad affermare che “Dio l’ha fatto peccato per noi”. E’ stato simile a noi, fino a sentire la tentazione di procurarsi un bene apparente. Il Padre lo ha riconosciuto come figlio perfettamente fedele al vero bene, e così riconosce ognuno di noi quando, con Gesù, compiamo la suprema giustizia. Quella che consiste nel prendere su di noi le conseguenze del male commesso da noi e dagli altri, per ripercorrere la strada dell’angoscia, del vuoto, nella certezza che dentro questo dolore si cela la Vita piena, la felicità.

Amici, prendiamo consapevolezza che la missione affidataci è molto grande e noi siamo inadeguati, non presumiamo di farcela da soli, ma Dio vuole rivelarsi attraverso di noi e noi dobbiamo accogliere il suo Spirito d’amore e comunicarlo ad altri!

 

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