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Cultura ed Eventi

JUNE MONDE LA LUNE

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Il libro di Schinco è un’analisi molto precisa e documentata del mondo dei bambini negli anni ’50. L’autore, infatti, mediante il gioco, intende raccontare la vita dei bambini a metà del secolo scorso ricordando, tuttavia, che il mondo dei gioco era privilegiato rispetto a quello dei bambini che a otto, nove anni erano già introdotti nel duro mondo del lavoro: pastorelli nei tratturi, contadini nei campi, artigiani nelle botteghe. Schinco ha sentito la necessità di ricostruire una pagina di vita della società contadina prima che di quegli avvenimenti (in assenza di riferimenti documentali o materiali come i dipinti, per es.) non si abbia più memoria.

L’autore parte da un microcosmo naturale, il suo della natia Gravina, che – come dice Mirizzi – “dà senso e misura alle cose della vita, è luogo della memoria custode delle identità individuali e della storia collettiva, è soprattutto fonte di conoscenze, occasione di esperienze, spazio degli affetti in cui si definiscono e rinnovano appartenenze e solidarietà”. “Ma – aggiunge la Pasculli - è un microcosmo che apre lo sguardo alle realtà vicine di altri paesi della Murgia dalle comuni identità e alle realtà antiche degli scavi archeologici.” “A Schinco – conclude Valente - di questo si deve esser grati: non solo dell’importanza letteraria del suo libro, che tra l’altro accende i riflettori su una memoria condivisa ed uno spaccato di storia, quanto anche ed ancor più del contributo che attraverso esso egli fornisce per la tutela di una storia collettiva che merita di rimanere carne viva nella quale scrivere il destino delle generazioni che verranno. Tutelare l’homo ludens, nell’accezione che si deve allo storiografo olandese Huinziga, vuol dire assicurare un futuro all’uomo, preservandone le radici. Essenziali per sapere chi si sia stati per diventare ciò che si vuol essere.

Ci si chiede: come Schinco ha ricostruito questo mondo? Attraverso i giochi e le ‘tiritere’ in dialetto appresi per strada e nella masseria paterna espressamente indicati come possibili fonti: «Concludendo, i miei informatori: tiritere e giochi sono tutti il frutto di miei ricordi infantili, di quando in via Lucania mi ritrovavo, rigorosamente dopo i compiti, per strada a giocare con i miei coetanei, la squadre. Ma, molti ricordi che fanno parte del mio bagaglio di conoscenze in materia sono legati alle serate estive nelle masserie, trascorse insieme ai contadini attorno ad una caldaia di pancotto, pönecuette o cialda, ciallèdde. Loro mi parlavano di briganti, di masceöre e munaciedde e mi ripetevano proverbi e aforismi che parlavano di previsioni del tempo e di regole di vita; e poi, sull’aia, mentre cavalli e muli giravano per trebbiare legumi, la pesature, ripetevano strofe di canti intervallate dal oh..oh per stimolare gli animali. Notevoli informazioni ho acquisito in casa da mio nonno omonimo e dalla cameriera di casa. Infine, ad arricchire le mie informazioni, i libri da me letti. Trattandosi di fatti antichi, anche se personalmente vissuti, per colmare incertezze o lacune mi sono confrontato con alcuni informatori» ringraziandoli per il loro aiuto.

Accresce notevolmente il pregio di questo Libro il collegamento dei giochi dello scorso secolo a quello praticato dai bambini in età classica (V a.C.- IV d.C.) secolo a.C. Il libro è dotato anche, alla fine, del pregevole saggio della prof. Marina Castoldi dellaUniversità di Milano che ci illustra appunto alcuni reperti archeologici della Collezione Pomarici Santomasi di Gravina nell’omonimo Museo. Conclude il libro un utile glossario di alcuni significativi termini dialettali, per meglio comprendere alcune parole chiave del dialetto in generale e in particolare delle ‘tiritere’.

 

 

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