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Cultura ed Eventi

Sfatati falsi miti, feticismi e credenze popolari

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Avvicinandosi la festa più significativa, più importante per la comunità gravinese, cioè la festa di san Michele, e volendoci preparare a festeggiarla nel migliore dei modi, magari scomodando la storia, apriamo le porte della memoria ad un evento che caratterizzò i festeggiamenti del 1981: l’uscita in processione, per le vie della città, della statua del peso di oltre cinque quintali, attribuita a Stefano da Putignano. Un unico blocco di pietra sul quale venne scolpito il volto e il corpo  dell’arcangelo. Fu un evento che suscitò scalpore, perché sfatò un mito, una credenza popolare quella che raccontava, chissà perché,  che se quella statua veniva rimossa dalla nicchia nella quale era custodita da secoli, sarebbe crollata la cattedrale. Fu una sfida? Fu una provocazione? Una cosa fu acclarata da subito: la statua, sia pure tra mille difficoltà, fu trasferita, dall’altare sul quale si trovava ai piedi dell’altare maggiore, senza che nulla, di quello che si presagiva, accadesse. Smentito e sfatato  il popolare feticismo, il pesante simulacro, almeno per quell’anno, fu portato, processionalmente, per le vie cittadine, trainato da cavalli, cambiando, addirittura, lo storico itinerario. L’entusiasmo e la curiosità furono misurati alle stelle, fino all’inverosimile. Di quella memorabile giornata si conservano diplomi ricordo sia nell’archivio capitolare di Gravina e sia in quello comunale. Artefici di questa novità, consapevolmente consenzienti, furono l’allora vescovo diocesano, mons. Salvatore Isgrò e il sindaco dell’epoca, Angelo Peragina, da un anno alla guida della città. Per alcuni svariati anni, fino a quando, giustamente, non intervenne la Soprintendenza al Patrimonio e ai  Beni Storici e Culturali, che vietò l’utilizzo di quella statua da portare in processione, per evitare che potesse deteriorarsi o, peggio ancora, che potesse rompersi, durante le operazioni di spostamento dalla nicchia o di posizionamento sul carro processionale, lo spettacolo fu ripetuto. Poi, si ritornò al passato, nel senso che si continuò a portare in processione la statua di san Michele in cartapesta, di scuola napoletana, depositata e conservata da lungo tempo, da sempre, quasi, in una nicchia della sagrestia della nostra basilica cattedrale. Quell’edizione di festeggiamenti, se fu contrassegnata da una forte curiosità, da una scommessa, da una sfida, cioè credere o non credere al feticismo che si era creato attorno al mito di una statua intoccabile, fu, anche, l’occasione per manifestare la più autentica tra le forme di superstizione: aspettare, sperare che l’evento disastroso si verificasse. Furono smentiti maleficii e malefiche idiozie. I superstiziosi da passeggio e quelli di passaggio. Quelli che non hanno mai costruito la storia, ma hanno, solo, inveito contro di essa, rendendola sempre più piccola, sempre più modesta e sempre più miserabile.

Pinuccio Massari

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