Cultura ed Eventi

A Gravina è sempre e sarà sempre Medio Evo?

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Rivivere il Medio evo, a Gravina, attraverso il raduno dei cortei storici, giunto quest’anno alla sua XIV edizione,  che a quel periodo fa riferimento, non si può prescindere dal monumento per eccellenza, il castello federiciano, che è una delle testimonianze, magari mal ridotte, ancora esistenti; che, comunque,  noi abbiamo, a differenza di altri che si inventano e costruiscono falsamente ciò che non posseggono, costruendo una falsa storia o dei falsi storici. Nel corso degli anni e dei secoli, quella costruzione è stata sempre vivacemente dibattuta dagli studiosi, per cavare nuove informazioni e nuove indicazioni e capire cosa fosse realmente stato. Da alcuni storici napoletani venne qualificato per superba fabbrica, ora col nome di “palazzo regio, ora  con quello di castello, per cui, come scrive lo storico gravinese Nardone,  in un articolo apparso su Iapigia,  rivista di Archeologia, Storia e Arte, Anno V, 1934 XII, Fasc. I – II: “Il castello svevo di Gravina in Puglia”, “tanto il Bertaux quanto lo Schultz che ne visitarono i ruderi verso la prima metà del XIX secolo, si sforzarono a voler accertare dagli avanzi rimasti se la fabbrica sveva avesse avuto effettivamente le caratteristiche di un semplice palazzo, oppure di un munito castello”. Dissolto il dubbio e acclarato, anche alla luce di documenti e fonti, quali i Registri Angioini e l’Aprrezzo sulla città di Gravina del tabulario napoletano Virgilio De Marino del 1608, che quella costruzione è da ritenersi, a tutti gli effetti, castello, maniero. Certo, se quel superbo monumento non fosse stato lasciato deperire dall’incuria e dalla insipienza di chi lo ha gestito, da chi lo ha avuto in cura, da chi l’ha comprato, da chi lo ha ereditato, forse, la ricostruzione o risalire alle sue vere origini sarebbe stato più facile. Purtroppo, partendo dalla sua data di nascita, presumibilmente tra il 1223, anno in cui la città fu visitata dall’imperatore e in cui venne dato, all’architetto fiorentino Fuccio di realizzare “un parco cinto da mura per l’uccellagione” e  il 1227, anno in cui la costruzione potè accogliere tra le sue mura, Federico II di Svevia con tutto il seguito della sua fastosa corte imperiale, come appare dai documenti riportati dal Winckelmann nei suo Acta Imperi, uno del 1227 e l’altro del 1242, quello che oggi sembra essere diventato un rudere, lo si deve al  degrado morale e culturale in cui questa città è cresciuta. Anzi, senza voler calcare la mano, ma con realismo amaro, quello scempio è stato il primo esempio, da cui sono scaturiti tutti gli altri, del disinteresse e dell’incuria mostrata nei confronti del patrimonio culturale di questa città gioielleria, ma priva di ottimi gioiellieri. Si può fare riferimento ai due rioni antichi degradati, alla scomparsa di testimonianze coma la chiesa di santa Maria delle Pupille, della cripta Tota, dei numerosi affreschi, un tempo conservati nelle numerose chiese rupestri, depredate e vandalizzate, oltreché da professionisti trafficanti d’opere d’arte, anche da quel tempo crudele ed assassino non fermato da alte mani e menti più criminali ed assassine, che, purtroppo, avrebbero dovuto vigilare, preservare, conservare e, invece, hanno immiserito la storia e la intera città. In questa squallida miseria in cui è stata ridotta la nostra antica e storica gioielleria, non è mancato un altro elemento di squallore: la incapacità di ricordare gli uomini del fasto di questa città; quelli che l’hanno resa importante e famosa. Gravina, ha “il privilegio” di non aver mai o ancora intitolato una via al Puer Apuliae, Federico II. Di non aver saputo erigergli un monumento. L’importante, però, che viene organizzato il raduno dei cortei; occasione, per qualcuno, vetrina per mettersi in mostra, piuttosto che vergognarsi di continuare a rappresentare una città in cui non è degno di vivere, così come i tanti che, in passato, indegnamente l’hanno solo sfruttata per motivi personali, economici, politici, professionali. Nessuno che si cura di questi aspetti. Tanto, che importa ricordarsi di Federico II? L’importante è dimostrare di essere attivi, presenti, una volta l’anno, come si celebrano le feste più importanti dell’anno, a prescindere se si crede o si è atei. Io credo che, anche nei confronti dell’imperatore svevo ci sono molti atei, anche se si dicono ferventi seguaci, conoscitori ed estimatori. Come i tanti preti: alcuni che credono in Dio e altri, che pur esercitando il loro ministero sacerdotale, non credono in Lui.

 

Pinuccio Massari

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