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Cultura ed Eventi

Salveremo la Via Appia che è patrimonio di questa città o consentiremo che un altro pezzo di storia sparisca?

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E’ questa la domanda che rivolgiamo ai nostri cosiddetti amministratori, visto che i ladri e i cleptomani sono sempre pronti a fare carte false, a falsificare la storia a loro comodo e piacimento. E’ sancito storicamente, dalla documentazione inoppugnabile, che la Regina Viarum dei romani passava da Gravina. Studi ancora più recenti del professore Aldair Small, confutano la veridicità del nostro assunto. Confermano la centralità che la nostra città ebbe nel tragitto da Roma a Brindisi. Senza scorciatoie, senza travisamenti, senza deviazioni millantate dai maniaci del furto. Se ciò è vero ed acclarato, non è consentito, a chiunque e chicchessia di ingaggiare battaglie per rivendicare pezzi di storia, parti di storia che non rientrano nel perimetro di competenza dei contrabbandieri della storia. Deve essere, invece, consentito, che noi e solo noi possiamo rivendicare tutto ciò che la storia ci ha donato, che i padri della storia hanno voluto regalarci. Di qui l’impegno serio a non farci ancora depredare, a non  farci derubare moralmente e materialmente, perché certi furti o certa refurtiva non può e non potrà mai essere più restituita; il maltolto resterà tale fino a quando la storia non si vendicherà, facendo passare, purtroppo, secoli e millenni. Questi tipi di furti non sono denunciabili, attraverso una semplice esposizione dei fatti su di un foglio di carta bollata e presentati alle autorità competenti. Sono furti sottili, perpetrati da menti maniacali, in possesso, nel proprio DNA della capacità e cattiveria a fare male, a produrre del male agli altri. Chi mette in atto questi atti criminosi, sa perfettamente bene che non potrà mai incorrere in sanzioni penali o in condanne giudiziarie, perché il reato è stato commesso alla luce del sole, magari, con la connivenza implicita ed esplicita dei derubati. Di qui, allora, la necessità di fare fronte comune, di vigilare, presso le sedi competenti ed opportune, per evitare che arrivi il malloppo o il plico dell’inganno e della beffa. Tra l’altro, i soliti acchiappatutto, sin dall’anno scorso hanno cominciato ad intorbidire le acque su questo argomento, presentandosi con il solito sistema dei millantatori; sempre in maniera subdola, sotterranea, vigliacca, pur di fregare il prossimo, quello che loro non considerano prossimo, ma solo prossimi alle loro manie di grandezza, di superiorità, di non voler e sapere essere secondi a nessuno. Quei prossimi che possono essere soggiogati e spogliati dei loro beni, dei loro averi. Questa città, a cominciare dalla testa, se ce n’è ancora una, deve svegliarsi dal torpore, deve istituire le sentinelle del bello, del futuro, per conservare il passato; il proprio passato indiscusso e indiscutibile. Questa città deve diventare conservatrice della propria speranza, del proprio destino, non facendo troppo affidamento su quelli che dicono di governare la città, svendendola per ogni dove e in ogni e qualsivoglia occasione, pur di continuare a galleggiare sull’onda dell’emozionale demotivato. Questa città deve riprendere e riprendersi le redini della propria storia, per condurla sulle vie della continuità fantasiosa del saper e voler costruire le premesse perché la nostra cultura diventi realmente e veramente globale e globalizzata, cioè integrata con quel mondo che ci ha scoperto e a cui dobbiamo ritornare e fare riferimento. Abbiamo bisogno di riacquistare una capacità decisionale che ci porti a considerare la possibilità di reintrodurre a Gravina gli inglesi della Scuola Britannica, quelli degli anni 60, quelli degli scavi nella vastissima zona di Botromagno. Di far ritornare stabilmente i giapponesi dell’Università di Kanazawa, che hanno fatto meraviglie sui nostri affreschi e sulle pitture murali delle nostre chiese rupestri. Dare ospitalità permanente, quasi una fissa dimora, mettendo a disposizione strutture e mezzi agli studenti del Canada del professore Small e della sua collega Tracy Prowse; a quelli della professoressa Castoldi di Milano. L’Unesco, a Gravina, passerà e si fermerà solo se la città saprà tornare grande e splendere della propria luce e non di quella riflessa; solo se saprà fortificarsi contro gli attacchi dei miserabili meschini, alla ricerca della terra promessa, provenendo da quella perduta, dove è stata o viene continuamente costruita l’araba fenice.

 

Pinuccio Massari

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