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Una festa del lavoro sempre più triste

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Primo maggio. Festa. Appartiene ai lavoratori, alle lavoratrici, al lavoro e ai lavori. Detta così è tanta roba, ma pur in questa accezione estensiva non si riescono a ricomprendere né il vasto mondo del precariato né quello del non lavoro. Manca un posto per gli esodati e per chi usufruisce a oltranza di ammortizzatori sociali. Il fronte del lavoro si è slabbrato, non è più tale. Anzi, il fronte non c’è più. Di classe operaia e di ruolo dei lavoratori non si sente più quasi parlare. E quando succede si ha l’impressione di roba vecchia, vissuta e consumata, di sopravvissuti. Eppure i poveri aumentano e le speranze di trovare lavori stabili per i giovani diminuiscono. Qualcuno dovrà pur occuparsene. Certo abbiamo capito che il posto fisso non c’è più, bisogna predisporsi a cambiare continuamente. D’accordo, ma alle opportunità non possiamo rinunciare. Le opportunità devono esserci. Altrimenti la solidarietà diventa pelosa. Politiche industriali e stato sociale possono essere rinnovati ma non abbandonati. Non possono essere gettati insieme allo stato assistenziale. Non possiamo e non dobbiamo rassegnarci ad un lungo periodo di stagnazione. Anche il primo maggio, pensato e voluto come festa in un altro secolo può e deve essere un’occasione per guardare al futuro, alle battaglie pacifiche e democratiche che attendono chi vorrà difendere le ragioni del diritto al lavoro previsto e sancito dagli artt. 1 e 36 della Costituzione.

Il presidente della Repubblica ha celebrato il Primo Maggio al Quirinale rimarcando l’importanza di creare nuova occupazione. «Un Paese che non riesce ad includere i giovani - ha detto il capo dello Stato - è un Paese fermo. Un Paese che esclude i giovani, o li in inserisce nel mondo del lavoro in modo precario, si condanna da solo». I giovani disoccupati, per Mattarella, «stanno pagando alla crisi un prezzo insostenibile e rischiano di subire con l’esclusione di oggi anche una ipoteca negativa sulla loro dignità di domani».

Al governo mandiamo un messaggio molto chiaro: si occupi del lavoro» - tuonano i sindacati- «Per gli italiani il vero tema centrale è questo e per questo la mobilitazione di quest’anno sarà all’insegna del lavoro che manca, per chi ha paura di perderlo, e per chi vorrebbe andare in pensione per lasciare posti di lavoro ai giovani». Il tema è chiedere «centralità del lavoro e delle azioni per il lavoro, misure fiscali per il lavoro e la crescita, una riforma delle pensioni che dia speranza ai giovani». «Noi siamo un sindacato di proposta ma quando non ci sono risposte c’è la protesta. Il Paese è ancora fermo in stazione e c’è il rischio che quando partirà andrà su un binario morto».

 

Questa la situazione a livello nazionale, a Gravina sembra si sia già andati su un binario morto, considerato che anche nell’ultimo Consiglio comunale non si è discusso di misure che possono dare speranza ad una ripresa economica.

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