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Storia, Uomini e luoghi

GRAVINA E LA VIA “FRANCESCA” DEI PELLEGRINI

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Il culto mariano e, soprattutto, quello micaelico di San Michele delle Grotte attirarono a Gravina i pellegrini che percorrevano la Via “Francesca”. Infatti, Gravina fu una meta privilegiata di quella via dei pellegrini che attraversavano le contrade  del Meridione d’Italia per imbarcarsi per la Terra Santa.

La città di Gravina (filiazione dei toponimi geomorfologici e storici: Pietramagna, Botromagno, Sidion, Silvium), era ubicata nelle vicinanze della Via Appia antica e beneficiava del sistema viario primario e secondario: ad essa parallele;  che in essa confluivano; che da essa si diramavano. Tutte le strade connesse alla via Appia antica costituirono il reticolo della “Via Francesca” che percorrevano i pellegrini verso i santuari mariani e micaelici, verso i luoghi sacri del Cristianesimo antico.

La via Appia fu utilizzata ampiamente dai pellegrini che da Roma si dirigevano verso la Terra Santa, toccando i luoghi sacri o santuari dedicati alla Vergine Maria,  a San Michele Arcangelo, ai santi e martiri più venerati dal Cristianesimo antico. Le loro mete di imbarco erano Barletta, Bari, Egnazia, Brindisi se percorrevano la via Traiana.

I pellegrini che passavano da Monte Sant’Angelo erano soliti far tappa ai  piccoli santuari micaelici di filiazione garganica situati sul percorso della Via Appia, per cui, quasi tutti raggiungevano Gravina  per visitare la chiesa grotta di San Michele per poi raggiungere il sicuro porticciuolo di Scanzano dove si imbarcavano per la Terra Santa.

I primi documenti d'archivio che citano l'esistenza della “Via Francesca “ risalgono al IX secolo e si riferiscono a un tratto di strada nell'agro di Chiusi, in provincia di Foggia. Certamente la “Via Francesca” fu una parte integrante di tutti i percorsi dei pellegrini che provenivano da Roma e dal Gargano.

Ancora oggi non si conoscono le molteplici alternative che giunsero a definire una fitta ragnatela di collegamenti che il pellegrino percorreva a seconda della stagione, della situazione politica dei territori attraversati, delle credenze religiose legate alle reliquie dei santi.

Sul Gargano, a Monte Sant’Angelo, in una grande spelonca, si insediò  il più importante luogo sacro dedicato al culto di San Michele Arcangelo. Quel luogo divenne, dal V secolo in poi, una meta obbligata e privilegiata dei pellegrini diretti a Gerusalemme, per cui favorì la nascita di altre vie  parallele e alternative alla Via Appia e alle sue diramazioni.

Il culto di San Michele Arcangelo del Gargano si diffuse a macchia d’olio tra il V e VI secolo in tutto il Sud d’Italia, favorito e protetto, inizialmente dai Longobardi e, successivamente dai Normanni. Pastori nomadi e pellegrini  completarono l’opera di individuazione e consacrazione a San Michele Arcangelo di tanti luoghi impervi. Nacquero sulla rete della Via Francesca e Francigena del Sud molti santuari come tappe obbligate per chi si recava al Santo Sepolcro

Gravina conserva buone testimonianze di culti e luoghi dedicati ai santi Pietro, Paolo, Stefano, Nicola, Vito, Eustachio, Basilio, Lucia, Giorgio e, in primis, la Vergine Maria, San Michele Arcangelo, Gabriele, Raffaele.

La grande venerazione verso quei santi  ispirò e incentivò il fervido spirito cristiano e indusse monaci  (basiliani, benedettini, templari, Giovanniti) e uomini pii a realizzare monasteri e chiese in loro onore, intorno a cui si costituirono ragguardevoli villaggi rupestri.

Noti sono i santuari dedicati a “San Michele Arcangelo delle Grotte” nel rione “Fondovito” e i santuari mariani della Madonna delle Grazie, di Santa Maria della Stella, Santa Maria della Pace, Santa Maria degli Angeli, meno rinomato.

Presso il santuario micaelico si innestò la tradizione di Monte Sant’Angelo che ricordava e ricorda gli eventi dell’8 maggio e del 29 settembre. Durante i primi di maggio e alla fine del mese di settembre si dirigevano al Gargano masse di pellegrini  che osavano, far tappa ai santuari micaelici di sicura influenza garganica.

Il santuario micaelico di Gravina fu per lunghissimi anni meta di pellegrini che   scendevano da Monte Sant’Angelo, che, dopo aver toccato altri luoghi di culto, arrivavano a Gravina percorrendo i sentieri della “Via Francesca e Francigena”.

L’Antica “Via Appia” fu la via più percorsa dalla maggior parte dei pellegrini  che si dirigevano verso Gravina. Infatti toccavano Venosa, Minervino ove c’è un santuario micaelico e poi proseguivano su due diramazioni: una pedemurgiana (statale: Spinazzola-Poggiorsini-Gravina); l’altra parallela detta “Via di Cipro, poi, Via dei Pezzenti” (provinciale: Spinazzola - Dolcecanto - Gravina).

I vari santuari furono mete di culto e servirono come tappe o stazioni di riposo presso cui i pellegrini trovavano accoglienza da parte di monaci Benedettini, prima, e Templari, poi. Questi ultimi svolsero una fiorente attività  turistica ante litteram  come ospitanti e guide  protettrici per tutti i pellegrini in transito vero la Terra Santa e ritorno.

Gravina come meta sulla via Francesca è presente nella nuova mappa della via dei pellegrini: la Francigena verso Sud-Puglia- Gerusalemme, approvata nel 2015 dall’Assemblea generale dell’Associazione Europea delle Vie Francigene. Infatti, Gravina è entrata a pieno titolo nell’itinerario dei pellegrini, che potrebbe dare nuova linfa al turismo locale e al turismo religioso. Essa, unitamente alla  Puglia è riconosciuta come meta turistica e come crocevia delle culture e dei popoli, così come lo fu  nei secoli passati e come dovrà perpetuarsi, realizzando un  virtuoso  rinnovamento della tradizione storica per un benefico progetto sociale, culturale ed economico. 

 

Gravina, 22 aprile 2016                                                                            Fedele RAGUSO

 

 

NB. Parte di questo testo lo stilai a settembre 2013 su richiesta di Sergio Varvara, quando era assessore al Turismo, perché gli fu richiesto da chi stava stilando la mappa della via Francigena.

Commenti (1)
I GRAVINESI LEGGONO CIO' CHE ....
1Sabato, 23 Aprile 2016 14:51
QUESITO

Spett.le Redazione...sig. Varvara ..!!! I Gravinesi leggono gli articoli di natura storico-culturale (da voi postati) che li dovrebbe rendere orgogliosi del loro retaggio storico? Un retaggio storico ragguardevole, quando politici avveduti, cittadini laboriosi, attivi ed intraprendenti facevano crepare di gelosia e invidia i vicini, mentre godevano gli avventori della fiera e i pellegrini dei santuari, che apprezzavano la Urbs Opulenta tanto decantata dall'Imperatore Federico II e ancor prima dai funzionari di Re Ruggero I normanno degli Altavilla. Federico ogni volta che arrivava a Gravina (furono varie le sue presenze) esclamava: " Mea clara et amabile Gravina, "Urbs opulenta, grana dat et vina". Federico II la predilesse in modo speciale e fece costruire il Maniero (detto impropriamente castello) casa per piacevoli soggiorni ove rilassarsi ed estranearsi dalle incombenze politiche e guerresche. Tutto questo è e dovrebbe suscitare nei Gravinesi stimolo ad attivarsi per rimuovere l'inedia e i profittatori e farsi veri protagonisti con il loro patrimonio posseduto da sempre!

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