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RÙCCHELƏ, FOCACCIA DI SAN GIUSEPPE - PIATTO TIPICO DI GRAVINA

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Conoscere le tradizioni locali attraverso notizie che partono da studi che riportano a fonti storiche, culturali ed antropologiche è un qualcosa che affascina l’uomo.

Sapere la provenienza etimologica di un termine ci fa meglio capire la provenienza dello stesso.

Ringraziamo il prof. Fedele Raguso che ci ha fornito un po’ di materiale che ha pubblicato e che questa testata giornalistica mette a  disposizione di quanti vogliono arricchirsi in tal senso.

  

U Rùcchelə di San Giuseppe è una focaccia farcita con:  porri primaverili fritti in olio d’oliva, acciughe salate, uva passa o sultanina, olive snocciolate nere.

Trattasi di una sfoglia circolare di pasta sottile dolce o salata su cui si spianano gli ingredienti previamente preparati. La sfoglia, dopo essere stata coperta dagli ingredienti viene arrotolata imprigionando gli ingredienti  sino a formare un cilindro di circa un metro, che, a sua volta, formerà una ruota da sistemare in un apposito tegame tegame  cilindrico con diametro variabile tra i 30 e 50 cm. con un bordo alto tra i 5 e 10 cm. Una volta sistemato la ruota farcita si aggiunge olio di oliva sino a coprire tutto l’involucro prima di metterlo a cuocere tra due fuochi di carboni di legna:  fuoco-sotto in un braciere e fuoco-sopra i, altro recipiente che si sovrappone al tegame che contiene il farcito.

Il rucchelǝ è un piatto  con doppia valenza alimentare: pietanza e dolce, nello stesso tempo, perché realizzabile con ingredienti salati, dolci e aromatici.

Esso ha origini antichissime pur considerando obbligatoriamente vari cambiamenti e combinazioni nel corso dei secoli e in conseguenza di contatti con altre culture alimentari e con la disponibilità di altri prodotti.

Non è da escludere che il rucchelǝ di San Giuseppe di Gravina non abbia subito influssi origine della cultura culinaria araba, se si tien conto dell’uso delle acciughe, dell’uva sultanina, dei porri.

Le popolazioni dell’area mediterranea preparavano pietanze con pasta di farine di cereali farcite con i più svariati prodotti naturali e agricoli, sin dalle età ellenistica, magnogreca, romana. Si trattava di calzoni e focacce condite o farcite, cotte sotto la cenere.

L’etimo latino di ‘focaccia’ è alquanto significativo: focacea o focacia, sostantivo femminile derivante da focacius ‘cotto sotto la cenere’, che a sua volta trova la sua paternità in focus ‘fuoco’.

Gravina, in occasione della festa di San Giuseppe del  19 marzo, ha antichissima e sacra consuetudine di preparare e gustare un tipo di focaccia farcita detto Rùcchelə (ruota), specialità tipica che può essere pietanza e anche dolce, a seconda delle modalità di preparazione e degli ingredienti che si combinano. Si tratta di una pasta sfoglia dolce/salata con ripieno di porro o scalogno fritto in olio d’oliva, olive, acciughe, uva passita, sale, pepe, olio. Una vera delizia, nelle varianti più dolci o più salate, in base ai gusti.

Esso non ha niente. a che vedere con quello del vicino materano, che si riduce ad una semplice focaccia più o meno condita con olio e origano. Si tratta, per i Gravinesi, sempre di una specie di focaccia, ma formata da diverse sottili sfoglie di pasta, adagiate l’una sull’altra, e farcite con cipolle novelle preventivamente fritte, uva passa, filetti di alici salate. Alcuni vi aggiungevano anche baccalà ben dissalato in acqua.

Il “Rùcchələ”  ha forma rotonda, è una focaccia, come già detto, farcita con alici, uva passa e cipolla. Una certa somiglianza corre con il pasticcio di Altamura (focaccia farcita con porri, olive, baccalà), con i friscéi della Liguria, frittelle farcite con baccalà, zibibbo, mele ed erbe.

Il “Rùcchelə”  si rinviene anche in Basilicata, con lo stesso nome, ma è una semplice

focaccia condita solo con olio e origano;  a Potenza è chiamata rùccolu, ad Avigliano rùccolo, a Matera rìkkələ.

 

Ingredienti: pasta di farina di semola di grano duro rimacinata, lievito, zucchero, olio, sale, acqua; farcitura con cipolle (porri), olive snocciolate (ma non sempre), uva passa (sultanina o saracinesca), acciughe, olio d’olive.

Preparazione: Per la pasta amalgamare tutti gli ingredienti, far lievitare per 1 h e stendere la sfoglia.; intanto  far precuocere le cipolle in una padella con olio bollente per poi metterle sulla sfoglia, aggiungervi le olive, l’uva passa e le acciughe. Arrotolare la sfoglia su se stessa a formare un rotolo e metterlo in una teglia antiaderente a forma cilindrica. Cuocere (in versione tradizionale) con fuoco di carboni  sotto e sopra il contenitore; oggi si può cuocere in forno a temperatura di 180°. Ingredienti e metodo di cottura tradizionale ci riportano alle culture dell’area mediterranea orientale Siria, Arabia, Paesi del Nord’Africa. Infatti, lo scalogno, uno degli ingredienti preponderanti ci riporta direttamente alla Siria, terra di coltura e provenienza.

SCALOGNO: dal latino – scaloni o ascaloniam: - Ascalonia cepa – ‘cipolla Ascalonia’, città della Palestina (allium ascalonicum). Pianta della famiglia delle liliacee originaria dell’Asia Minore, con foglie a lesina e fiori rossi, il cui bulbo, dall’odore simile a quello della cipolla, usato in cucina.

UVA SULTANINA o saracinesca è un particolare tipo di uva bianca da tavola, senza semi e adatta per essere essiccata. Deriva dal termine sultano o saraceno – di origine siriaca (sovrano, signore e padrone assoluto). Dall’arabo: sultan ‘padrone assoluto’ voce di origine siriaca. Nel milanese (uga sultanina 1843) uva sultanina – uva che viene dall’impero del sultano, dall’oriente. 

FUOCO SOTTO E FUOCO SOPRA è l’usanza prettamente araba che fu assunta dalle popolazioni del Sud Italia per ragioni di praticità e convenienza economica. Se si andava a cuocere nel forno di proprietà del Sovrano, del feudatario, dell’Università (Comune) bisognava pagare una tassa di servizio e dazi particolari, trattandosi di cibo non comune, una leccornia.

 

ETIMOLOGIA

L’etimo più accreditato della voce “Rùcchələ” è da ritenersi discendente dal  “deverbale roteare”, come concorda e sostiene l’etimologo Franco Crevatin.

La focaccia farcita di Gravina (Rùcchələ di San Giuseppe), durante la preparazione è sottoposta ad azioni o manipolazioni di arrotolamento: prima per avvolgere nella sfoglia di pasta gli ingredienti che formano il rotolo a mo’ di cilindro; poi il cilindro-rotolo che viene riarrotolato per formare la ruota da posizionare nel tegame circolare.

 

Altre ipotesi di etimologie avanzate e accostabili sono :

Rùcchələ -  da  ROTULU o ROTULUM,  diminutivo di ruota, ‘rotolo o involto’.  Rotulu per fenomeno di “rotacismo” (trasformazione di lettera e di suono) si è trasformato morfologicamente in Roculu e Rucculum e nel dialetto Rùcchelə

Ipotizzata l’origine dal termine RUCHE  ‘scorza per alveari’; oppure ‘striscia di tessuto con crespe usata per guarnire indumenti femminili’, di origine gallica.

Ruche, che poi diventa Ruchelə e Rucchelə è altrettanto credibile per assimilazione d’immagine. Infatti,  le sfoglie che compongono il rotolo e la forma crespata che assumono durante e dopo la cottura si assomigliano ad una corteccia crespata o a tessuto crespato.

 

Congetture etimologiche di studiosi gravinesi

Il prof. Francesco Mastrogiacomo, di felice memoria, scrisse che il termine Rùccheləderiverebbe dal greco Kyklos, ossia cerchio, a causa della sua forma rotondeggiante.

Il  prof. Granieri sostenne la derivazione dal latino rotulum  da collegare ad una radice Kwel, che si ritrova in pélomai, muoversi in giro, che indica quindi una circonferenza, una ruota, un qualcosa che gira, il che è un chiaro simbolo solare. Alla stessa conclusione porterebbe la radice rhe/rho, scorrere, curvatura: vedi rhéo = scorrere, o rhoikós = ricurvo.

 

 

 

Commenti (1)
Importante valorizzare i piatti tipici gravinesi come la focaccia di S:Giuseppe.
1Lunedì, 21 Marzo 2016 16:26
Franco Nacucchi

Mi sia consentito condividere ed evidenziare l'importanza di valorizzare i piatti tipici gravinesi, con l'auspicio che i giovani possano continuare la valida tradizione sia nella preparazione dei piatti tipici, utilizzare i condimenti possibili del territorio, rispettare i riti religiosi anche a livello culturale, colgo l'occasione per precisare che la foto , relativa alla focaccia gravinese di San Giuseppe, il tipico e tradizionale " Rucchleeee" di questo articolo è di Franco Nacucchi............ in attesa della precisazione si ringrazia dell'attenzione.

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