Cronaca

Sugli affreschi di San Vito Vecchio nessun dorma

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Relativamente all’ultimo articolo, apparso su  questa testata, circa gli sviluppi positivi, raccolti e provocati dal sottoscritto, che stanno maturando attorno agli affreschi di San Vito Vecchio e che vanno nella direzione del loro recupero, della loro migliore conservazione, con la possibilità di avviare le procedure tra l’Istituto Superiore Centrale del Restauro di Roma e la Soprintendenza regionale della Puglia per addivenire alla soluzione del problema, forse è bene sottolineare, rimarcare e precisare, grazie anche ad una mia lacuna, nel non essermi espresso abbastanza bene nel corso del precedente articolo ma non ho difficoltà a riprendere in mano le fila del tema, che, comunque, questo non deve far dormire sonni tranquilli a chi dovrebbe tenerci alla loro salvaguardia, Fondazione e suoi organi in testa. Sicchè, l’Ente, nelle persone che lo rappresentano, non può aspettare passivamente le calende greche; non può pensare di adagiarsi sugli allori dell’attesa, sperando che la Soprintendenza, in particolar modo, si svegli dal sonno chiamato letargo, pensando o illudendosi che il problema sia stato definitivamente risolto. Siamo solo alle prime battute di una nuova puntata di quello che non vorremmo si potrebbe rivelare un dramma. Bisogna attivare, quanto prima, urgentemente, i canali per mettere a confronto i due mondi: Istituto e Soprintendenza, per indurli all’azione corale ed unanime. Senza che nessuno insegui l’altro, senza che nessuno scarichi sull’altro, senza che nessuno aspetti o demandi all’altro. Quando la Fondazione ha ritenuto di interfacciarsi con la Soprintendenza  e dopo quattro mesi non ha ricevuto nessun riscontro, doveva spingere e sollecitare in direzione di Roma.  Cosa che non ha fatto. Per cui ai propri vistosi, incredibili, assurdi ed inspiegabili ritardi, oggi, si vanno sommando anche quelli ancora più irresponsabili di una Soprintendenza che sembra non sapere quale pesce prendere. Ritardi, dell’organo di tutela e salvaguardia, che non sono più tollerabili, che non sono più accettabili, visto che reggono, purtroppo, da due anni, maggio 2013, da quando l’ente ministeriale ha ricevuto ufficialmente, dall’Istituto romano, la relazione finale sulla diagnostica. Sono trascorsi due anni da quando la destinataria rispose al mittente assicurando ogni intervento e ogni informativa su tutte le iniziative che sarebbero state intraprese. Da quella data è calato il silenzio, l’immobilismo. Da quel momento, fino al nuovo mio personale sollecito, risalente alla fine del dicembre dello scorso anno, sono passati ben altri quattro inutili mesi, senza che foglia si fosse mossa. Oggi, la Fondazione dice di attendere il risultato del semmai avvenuto sopralluogo da parte dei funzionari ministeriali pugliesi. Nel frattempo,  Bari continua a tacere e a non essere adempiente. L’attesa passiva sta nuocendo all’intero patrimonio murale. Possibile che ci sia tanta insensibilità in giro? Possibile che ci sia tale e  tanta difficoltà a capire che il problema è serio e che se non si interviene, neanche con gli inutili pannicelli caldi, come è stato fatto, dichiarato e si continua a fare, rischiamo di compromettere il futuro storico di questa città? Cosa costa all’Ente Santomasi muoversi, attivarsi, impegnarsi nell’interesse esclusivo di una città che ha avuto il dono di questi tesori e ha il dovere di preservarli? Forse, perché si è convinti del contrario? Che gli affreschi godono ottima salute, così come qualcuno ritiene di poter affermare per giustificare il suo immobilismo o così come alcune oche del palazzo vanno sostenendo, non si capisce bene in base, poi, a quale competenza ed esperienza in materia? Qualcuno è in grado di sostenere il contrario di quanto è stato scritto nella relazione finale sulla diagnostica? Lo sfido a dirlo apertamente, pubblicamente ed ufficialmente; venga fuori allo scoperto, senza vigliaccamente nascondersi dietro il dito dell’omertà, del disinteresse, della latitanza immorale, perché solo così si può chiamare un comportamento improntato al disinteresse, frutto, probabilmente, di una ignoranza presuntuosa, che non si vuole neanche colmare, nonostante il luogo dove svolge l’esercizio di alcune funzioni  è deputato e preposto proprio a questo, anzi rientra nelle volontà espresse dal testatore: migliorare, aumentare il livello culturale e grado di conoscenza  dei suoi concittadini gravinesi.

 

Giuseppe Massari

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