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Cultura ed Eventi

Convenzione ONU per i diritti dei disabili.

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Parole che dicevano: gli uomini son tutti uguali. Vengono in mente le parole di quella canzone quando si legge la Convenzione dell’Onu sui diritti della persone con disabilità. Uguali nella diversità. E ognuno con diritti, che non sono più o meno degli altri, ma sono quelli per tutti e si devono adattare a ognuno. Non c’è un testo migliore, oggi, sulla disabilità e le persone che vivono in questa condizione: “circa un miliardo o approssimativamente il 15 % della popolazione mondiale”, dicono le Nazioni Unite. Domani o dopodomani, magari si potrà migliorare, cambiare, adattare. Quasi 140 Paesi di ogni parte del mondo, fra i quali l’Italia, l’hanno ratificata, cioè introdotta fra le proprie leggi. Purtroppo non c’è probabilmente legge meno disattesa. Tante nazioni comunque ci hanno provato e ci stanno provando. Tante, ma non tutte. Le assenze pesano e fanno rumore.

Spaventa? Forse. Sicuramente è fra quei testi che dalle definizioni di principio arriva dritto all’attualità. Basta leggerla una volta per comprendere quanto la società sarebbe migliore se venisse applicata. Però poi rileggendola si comprende come renderla attuale vuol dire rompere schemi sociali che non hanno mai compreso la disabilità e le persone con disabilità.

Ecco perché riprendere in mano la Convenzione nella Giornata Internazionale delle Persone con Disabilità, dedicata a “Rompere le barriere, aprire porte: per una società inclusiva e sviluppo per tutti”, fa pensare quante volte quegli schemi non si siano ancora modificati. E quelle porte si possono aprire e  quelle barriere si devono rompere proprio partendo da un testo che dovrebbe essere legge in quasi tutto il mondo e che così tanto spesso nessuno prende in considerazione. Fermiamoci al nostro piccolo orticello: quanti dei nostri parlamentari o, peggio, dei nostri ministri ne conosce gli articoli, la studia e vi si richiama prima di emanare leggi e provvedimenti, specie quelli che vanno a influire anche su persone con disabilità?

Andiamo al campo più grande, a  quelle assenze nella ratifica che sono poche ma fanno rumore. Gli Stati Uniti e lo Stato di Città del Vaticano mancano all’appello. Una delle nazioni più grandi, potenza economica e militare, e uno degli stati più piccoli, guida spirituale e morale. Due simboli anche. Per questo sarebbe bello e importante che al loro interno le barriere si rompessero e le porte si aprissero. Le motivazioni sono diverse. Però fa pensare che due degli Stati che hanno contribuito alla costruzione della Convenzione in maniera fondamentale abbiano poi scelto di non applicarla al loro interno.

Il clima nuovo portato da Papa Francesco in Vaticano e la sua attenzione alla disabilità possono essere viatico.  Per questo, la ratifica della Convenzione non è solo un gesto formale, ma operativo: un passo necessario, non sufficiente, ma necessario”. La motivazione della mancata ratifica è legata a un articolo, il 25, in quanto vi si legge un’apertura all’aborto inaccettabile per la Santa Sede.

Gli Stati Uniti, proprio un anno fa, bocciarono la ratifica, in particolare per il voto contrario dei repubblicani.  E’ strano che questo accada in un paese dove già nel 1990, sotto il repubblicano Bush, fu firmato l’Americans with Disabilities Act, uno dei testi sui quali si formò poi la Convenzione. E sotto Bush junior gli Usa furono fondamentali nella stesura della Convenzione. I motivi anche qui sono di forma e sostanza, ove si non si vogliono intromissioni nelle leggi interne e sono legati in particolare  a istruzione, sanità, aborto. La discussione per fortuna continua.

Dal piccolo (in Italia la Convenzione, che è legge, è applicata davvero?) al grande (che segnale per il mondo sarebbe se Usa e Vaticano la ratificassero?) è giusto continuare a rifletterne. Oggi, domani e dopodomani. Perché, ancora una volta, la società sia sempre più bella e davvero per tutti.

Le considerazioni di cui sopra sono valide anche per la comunità locale, vogliamo vedere come si muoverà l’Amministrazione che si è detta pronta a ratificarla, presentandola al prossimo Consiglio Comunale.

Basterà a far cambiare la mentalità, la cultura?

 

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