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Politica

AAAAA: il centrodestra gravinese cerca casa.

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Giorni fa, con una precedente richiesta di notizie, sollecitando, crediamo, una nostra legittima curiosità, eravamo ansiosi di capire che ne era del centrodestra gravinese. Finalmente, dopo aver esperito ogni sorta di tentativo e sguinzagliato audaci segugi, da quel fronte sempre caldo di tensioni, ma sempre più freddo di consensi e di riscontri di fiducia da parte dei cittadini, sembrano giungere novità. Colpi di assestamento, molto probabilmente, visti i naufragi e le derive a cui sono andati incontro i contendenti, sempre più rivali, sempre più lontani, sempre più divisi, al punto da scegliere strade diverse ma parallele. C’è chi, d’improvviso, scopre la vocazione alla coerenza, pur avendo trasmigrato, sia pure simbolicamente e in maniera non ufficiale, ma familiare, verso nuovi lidi e più procaci, ma sempre provvisorie aspettative, e dichiara di voler restare in Forza Italia, da fedele; chi segue o insegue l’avventura pretestuosa di Angelino Alfano, di Fabrizio Cicchitto, ingrato perdente e sconfitto, sempre in combutta e nemico ostile di Craxi; di Carlo Giovanardi, eterno secondo di Casini, riciclatosi come gli altri dove la convenienza e l’opportunismo gli faceva guadagnare spazi di pietà e di misericordia. Chi sconfessa i propri compagni di viaggio e chi si appresta a fare il salto della quaglia rinnegando le sue appartenenze, confessando di non essere mai stato iscritto a Forza Italia, ma essere stato di destra e, quindi, sbocco naturale verso il nuovo centrodestra dell’attuale ministro degli Interni. Anche questa, chiamiamola come vogliamo, emozione, ma è coerenza, perché la coerenza non è trovare uno spazio politico in un’area più o meno affine al proprio trascorso politico, visto che a destra qualcosa si muove, ma rifugiarsi, in compagni di vecchi protettori, vecchie protesi e vecchi scarponi, sotto il simbolismo velleitario dei transfughi. Ognuno, cerca di uscire indenne, pensando che sia la strada migliore e giusta, da quella fase fallimentare dell’ amministrazione comunale, targata Divella, finita, precocemente, grazie a quelli che si dicono coerenti, a coloro che non riescono a fare di meglio che rinnegare i loro passati, le vecchie militanze. Il problema non essere o restare fedeli ad un idea, o pensare di esserlo pure quando si fanno scelte ritenute di fedeltà a certi principii. Il problema è che nessuno dei contendenti, perché tali resteranno, soprattutto dopo gli stracci di parole e di volgarità che si sono rinfacciati, può pensare ancora di essere credibile e spendibile. Ci sono tra questi soggetti, persone macchiate di infamia per il male che hanno reso alla città, ai valori, agli ideali, alla coerenza, all’impegno, al servizio non reso ad una comunità che, ciecamente, purtroppo, come spesso avviene, si è fidata di inqualificabili mestatori della politica; di affaristi disonesti e sporcaccioni, perché tali si sono rivelati tutti coloro che fingono o fungono di essere, ad ogni livello e per ogni dove, oggi, e anche in futuro, verginelli, casti e puri. Berlusconi, Alfano. Non è un problema di persone o di sigle che questi rappresentano. Non sono questi i personaggi di cui vergognarsi e non avere il coraggio di guardare più le loro facce, ma coloro che pensano di spendersi ancora, di impegnarsi. Ma in nome di chi? Di che cosa, se hanno svenduto tutto, se hanno venduto una platea di consensi, se hanno lacerato il tessuto di una comunità civile di militanti, simpatizzanti, iscritti ed elettori? Costoro sono, attualmente, e possono essere solo dei pataccari, dei poveri illusi; dei modesti ragazzi di bottega, pronti solo a fare quello che il capo gli ordina. Quel capo che li ha lasciati andare  alla deriva; che ha lasciato mandare alla deriva una città, disinteressandosi su ogni cosa e su ogni punto, soprattutto, quando divampavano le polemiche, le frizioni e le rotture all’interno del maggiore partito di governo locale o fra i partiti della coalizione di centrodestra, pur di non compromettersi e non compromettere il proprio vantaggio o il proprio privilegio elettorale. Quello stesso capo sempre disancorato dalla nostra realtà cittadina; pronto a dare ordini all’obbediente di turno chiamato e precettato, all’occorrenza, solo per sversargli voti,visto e considerato che  sono e saranno sempre ritenuti solo dei buoni pacchettari di voti.

Giuseppe Massari

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