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Cultura ed Eventi

una domanda...prima della Riva Eterna

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Dal Vangelo secondo Mt 25, 14-15.19-21

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola: «Avverrà come a un uomo che, partendo per un viaggio, chiamò i suoi servi e consegnò loro i suoi beni. A uno diede cinque talenti, a un altro due, a un altro uno, secondo le capacità di ciascuno; poi partì.
Dopo molto tempo il padrone di quei servi tornò e volle regolare i conti con loro.
Si presentò colui che aveva ricevuto cinque talenti e ne portò altri cinque, dicendo: Signore, mi hai consegnato cinque talenti; ecco, ne ho guadagnati altri cinque. Bene, servo buono e fedele - gli disse il suo padrone -, sei stato fedele nel poco, ti darò potere su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone».

Commento:

La Liturgia della Parola ci presenta la “Parabola dei talenti”. Questo racconto si trova immediatamente prima la descrizione del giudizio finale ("giudizio universale"). La “parabola dei talenti” è costruita con tre scene diverse:  la 1a scena: consegna dei talenti (il talento, nel 1° secolo, non era una moneta, ma è una misura di peso, che qui equivale più o meno a circa 40 chili di argento); la 2a scena è occupata solo dai servi. Il padrone è andato lontano, e i servi devono gestire il patrimonio che hanno ricevuto da gestire con spirito imprenditoriale; ma uno lo gestisce con paura e lo nasconde. Nella 3a scena c’è il padrone con i suoi servi, per il rendiconto finale. Se un talento valeva seimila denari, e un legionario romano aveva uno stipendio di trenta denari, comprendiamo allora che questa somma è piuttosto grossa. Fuori dalla metafora: i doni di Dio non sono mai piccoli… Il problema non è allora cosa ho ricevuto, se molto o poco, bensì fino a che punto io l'ho valorizzato: "A ciascuno secondo la sua capacità". Il servo accidioso non si fida-affida a colui che l'aveva scelto per le sue capacità. Il Signore Dio non pretende…atti eroici, ma desidera che gli rispondiamo al massimo delle nostre possibilità. Siamo oggetto di doni ininterrotti da parte di Dio! S. Paolo chiede a ciascuno di noi: «Che cosa mai possiedi che tu non abbia ricevuto? E se l'hai ricevuto, perché te ne vanti come non l'avessi ricevuto?» (1C.4,7). I talenti diventano, nel corso della nostra vita, una responsabilità. Ci sono dati perché li mettiamo in gioco, secondo quello che siamo, con la nostra ricchezza personale, con le nostre qualità (cf. Mt.7,15-20). Dandomi i talenti mi ha detto: “Io ho fiducia in te e ti do cinque talenti. Spero che tu ne sappia fare un buon uso, producendo qualcosa di prezioso”. Per noi, questa parabola vuol essere uno stimolo ad essere attivi nell’amore. L'amore non è mai inerte, ma non è nemmeno ansioso. Finché viviamo nel corpo abbiamo tempo e possibilità di scegliere, di decidere, di evolverci, di migliorare o anche di peggiorare; con la morte, però, si chiude il tempo di pellegrinaggio. Siamo messi in guardia dalla pigrizia radicale dell'anima, dall’avarizia: siamo tante volte incapaci di donare ciò che si è ricevuto e, pur essendo molto impegnati durante la giornata, troviamo a fatica il tempo per Dio. Invece, il tempo per le stupidaggini, le chiacchiere e i pettegolezzi, le “critiche ecclesiastiche”, televisivi, lo troviamo sempre...Convertiamoci ad un Dio, che ci chiama ad essere come la donna della prima lettura, che teme Dio e lo loda con la sua instancabile attività (cf. Pro.31,10 e ss.). Essere attivi nella responsabilità. Fasciàti di doni di natura, di ingegno e di grazia, viviamo come persone fruttuose, guardando non solo le cose, ma ogni fratello e sorella come “talenti”…Prima di oltrepassare l’Orizzonte Ultimo, ci sarebbe da chiederci, come dice Rabindranath Tagore: “…ed io cosa ho donato?”. Don Sante 

 

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