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Cultura ed Eventi

Passeggiando per Petramagna

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Riceviamo dal dott. Laddaga Michele, ricercatore storico, uno scritto in cui si evidenzia lo stato di frustrazione e vergogna per lo stato di abbandono in cui si trova la grande zona archeologica di Botromagno. Riteniamo giusto e utile portarla a conoscenza:

“Sto tentando di redigere una storia su Gravina archeologica, bene immenso, che, purtroppo, pare passato nel dimenticatoio. Avevo la necessità di avere riscontri visivi circa alcune attestazioni inerenti scavi, effettuati nel recente passato, in quella zona, dei quali vado acquisendo conoscenza e storia. Non presumendo di essere un esperto della materia ma un semplice ricercatore storico, non archeologico, in questi giorni di chiusura forzata, impostaci dal Covid (è un’esperienza che consiglio a chi avesse il gusto della conoscenza), sto appunto gironzolando tra i vari siti archeologici che circondano la nostra amabile Gravina. Un paio di giorni fa,  accompagnato da mia moglie, mi sono recato a Petramagna e, al di là dello stato di totale abbandono e sporcizia di cui, in quanto cittadino di questa città  mi vergogno, ho avuto la fortuna di poter vedere dal vivo, con stupore e sommo piacere, operatori che, ancora oggi, indaghino sulle nostre origini;  è in corso infatti, uno scavo attiguo alla famosa tomba oggetto del mio interesse: La tomba a semi-camera 1/1974, definita  “la più antica testimonianza di pittura figurata presente nel territorio pugliese e, essendo stata segnalata solo in forma estremamente rapida, è la meno nota delle due tombe sinora attestate in Peucezia, l’altra tomba è la celeberrima tomba di Ruvo ma di un secolo più tardi. (vedi Luigi Marchese, Viaggio nella Puglia preromana, analisi delle scene figurate nella pittura funeraria apula.)

  Amabilmente sorpreso per il nuovo scavo, profondamento amareggiato per il degradante stato di abbandono della famosa tomba 1/1974: una tomba, ormai quasi invisibile, dove chiaramente non vi è alcuna traccia di pittura, abbandonata da Dio e dagli uomini. Incuriosito, mi sono, quindi, soffermato con le persone che stavano effettuando lo scavo e, nei loro occhi, leggevo la passione, nonché la gioia di aver portato alla luce altri reperti (pare una tomba risalente sempre al V secolo a. C); ho rivisto persone e amici che, oltre 30 anni fa, furono i protagonisti della scoperta della tomba del guerriero, ai piedi di Botromagno, ed io, fresco consigliere comunale fui fortunatamente invitato a presenziare all’apertura di quella tomba che conteneva un immenso e incommensurabile tesoro che purtroppo, dopo appena trent’anni! non è dato ancora di ammirare.  Per chi segue da vicino la storia archeologica di Gravina e dell’Apulia in generale, sa che Gravina ha la fortuna di attestare presenze documentali uniche nel panorama archeologico. La tomba 1/1974 è, o meglio era, l’unico esemplare del V secolo a.C.  attestante i primi esempi di pittura figurata nelle tombe; e sapete perché è unica? perché non è di derivazione ellenica, in quanto i greci non pitturavano le loro tombe ma potrebbe essere etrusca o macedone, popoli che, invece, utilizzavano questa tecnica. E noi che facciamo? Oltre a non conoscerla, non la valorizziamo e neanche la custodiamo con il dovuto interesse e l’attenzione che merita. Diviene facile a questo punto chiedersi: che senso ha proseguire negli scavi, tirare fuori altro ben di Dio, in una inutile dispersione di intelligenze e di tempo, per poi assistere allo squallore e all’abbandono che si sono presentati davanti ai miei occhi? Ne vale la pena? Perché prima che si attivi lo scavo, procedura che coinvolge in primo luogo amministrazione comunale e sovrintendenza, non si pensi, preventivamente, ad una custodia ed eventuale valorizzazione? Un mea culpa generale dovremmo pur farcelo; la zona in questione, anni addietro, fu tutta recintata! Ebbene di quella recinzione non sono rimasti neanche i paletti, è stato portato via tutto! Definire tutto ciò vandalismo è dire poco, lo chiamerei menefreghismo e disprezzo della nostra ricchezza e del nostro patrimonio! Sotto l’aspetto della ricerca e della visibilità vorrei tanto poter ammirare, penso sia il desiderio di tutti, quanto sia ancora da sotterrare nei 430 ettari di zona archeologica della nostra città, definita più grande di quella di Pompei, ma, consentitemi mi piange il cuore. al solo pensiero che si possa assistere a quanto, già, tristemente, constatato. Non è la solita critica, prendetela come amara verità, né tantomeno, vorrei ergermi a maestro e sparare giudizi o suggerimenti; a ognuno il proprio. Vorrei, soltanto, invitare tutti ad una ponderata riflessione: ai cittadini direi di avere rispetto per la nostra storia, per la nostra città e i beni in essa contenuti, dei quali dovremmo essere orgogliosi, mentre alle istituzioni preposte, Stato, Regione, Sovrintendenza, Comune, rivolgerei un appello: educhiamo pure al rispetto ma non eludete le vostre responsabilità.

                                 Laddaga Michele

 

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