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“BALLUNƏ” E “BRANDEA” A FONDOVITO, LA TRADIZIONE CHE SALTA

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Causa il coronavirus, quest’anno salta anche la festa popolare folcloristica, molto bella e sentita, nell’ambito dei riti per onorare San Michele delle Grotte. Grazie al prof. Fedele Raguso e agli scatti di Carlo Centonze ripercorriamo la storia e l’atmosfera dei ballune.
Il dies festus Sancti Michaeli, dell’8 maggio, iniziò nell’idonea spelonca di Fondovito, dove i Longobardi ubicarono il culto del Gargano ed innestarono la festa che fu ereditata e tramandata dai “Fondovitiani”. Questi aggiunsero alla consuetudine del rito e manifestazioni religiose anche la nota etno-folcloristica, rappresentata dalla esposizione dei “ballunə e brandea” (singolare “ballounə”), lungo le scalinate che conducono alla grotta santuario.
“Ballunə e brandea”, insieme costituiscono reliquie sacre portatrici di protezione e grazie del santo da cui provengono, permettono contatto, dialogo allegorico- metaforico tra San Michele e pellegrini.
Il termine dialettale “Ballounə” degli antichi Fondovitiani è da considerare un antico (gallicismo: inglese, germanico-francese “balloon”) con la funzione semantica di “oggetto rigonfio a forma tondeggiante o rettangolare con espressività o comunicazione particolarmente importante in rapporto all'impiego che ne fa l’artefice”. Esso contribuisce, in modo determinante, a dar forza comunicativa e comprensione di un messaggio speciale. Si è accertato che trova familiarità ed origine nel “filatterio”: una delle strisce di pergamena (in ebraico tĕfillīn, «preghiere») recanti passi del Pentateuco, che gli ebrei portano chiuse in capsule di cuoio e legate con cinghie al braccio sinistro e al capo durante la preghiera mattutina feriale. L’uso trae origine dall’interpretazione letterale della raccomandazione biblica (Esodo 13, 9 e 16; Deuteronomio 6, 8; 11, 18) di legare le parole divine come segno sul braccio e ricordo tra gli occhi. Allo stesso modo i “Ballunə” di Fondovito costituiscono segni e voce di “Quis ut Deus” (dell’Arcangelo Michele) e di Dio stesso.
Nell’accezione moderna il “balloon” è dialogo, pensiero, grido, sussurro. Il “Ballounə” gravinese è allegoria o metafora del devoto pellegrino che dialoga con San Michele, implorando perdono e aiuto e lo ringrazia per tutto quello che ha beneficiato e per ciò che elargisce ai pellegrini che si recano alla sua grotta-santuario di Gravina.
L’antichissima festa di San Michele delle Grotte dell’8 maggio di Gravina si caratterizzava e si è caratterizzata con il rito religioso in onore del santo ma anche con la coreografia particolare ed unica dei “ballunǝ-brandea” sino agli anni ’70. La popolazione del quartiere sentiva quegli oggetti ondeggianti come presenza dell’Arcangelo svolazzante su di loro, e la loro profonda fede e convinzione la trasmettevano ai tanti pellegrini vicini e lontani che frequentavano il santuario del loro santo protettore.
Una anziana novantenne del rione Fondovito (intervistata nel 1973) affermò che i “ballunə ” erano costituiti, per lo più da roba che i pellegrini gravinesi, scambiavano con pii devoti, di Monte Sant’Angelo o indumenti portati da casa che rendevano reliquie con l’acqua e l’atmosfera sacra della grotta garganica. Erano reliquie confezionate nella grotta con il bagno nella sua acqua, con il contatto delle mura e della statua di San Michele, ritenuti segni tangibili del santo e del luogo santificato il 490 dall’Arcangelo Michele.
I “ballunə”, erano e sono costituiti da elementi principali: coperte, copriletti di seta colorati con frange a ricamo e merletti particolari, lenzuola con ricami pregiati, grandi scialli, grandi fazzoletti dai colori vivaci e particolari. Erano elementi costitutivi dei corredi posseduti dalle famiglie che si prodigavano per realizzare il migliore “ballounə” e sperare nella vincita del premio che si metteva a concorso. Era una forma di santa ostentazione di povera-ricchezza, una gara fra tutte le famiglie, che si adoperavano per abbellire il quartiere, esercitando così una attrazione colorata, molto suggestiva e gioiosa. Gli elementi principali fanno da contenitori o supporto di elementi sacri detti “brandea”, vere e proprie reliquie.
La consuetudine dei “ballunǝ” si era quasi estinta con la morte o trasferimento delle anziane signore che l’avevano ereditata, mantenuta viva e tramandata. Per fortuna alcuni anni fa (2011-2013), la volontà di non dimenticare e la gioia di ripristinare quella particolare tradizione devozionale e folcloristica determinò l’entusiasmo di far rivivere al quartiere l’antica atmosfera creata da quegli addobbi speciali.

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