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Cultura ed Eventi

“fare la festa o far festa?”

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Dal Vangelo secondo Luca (Lc 14, 25-33)

In quel tempo, si avvicinavano a Gesù tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: «Costui accoglie i peccatori e mangia con loro».
Ed egli disse loro questa parabola: «Chi di voi, se ha cento pecore e ne perde una, non lascia le novantanove nel deserto e va in cerca di quella perduta, finché non la trova? Quando l’ha trovata, pieno di gioia se la carica sulle spalle, va a casa, chiama gli amici e i vicini e dice loro: “Rallegratevi con me, perché ho trovato la mia pecora, quella che si era perduta”. Io vi dico: così vi sarà gioia nel cielo per un solo peccatore che si converte, più che per novantanove giusti i quali non hanno bisogno di conversione.
Oppure, quale donna, se ha dieci monete e ne perde una, non accende la lampada e spazza la casa e cerca accuratamente finché non la trova? E dopo averla trovata, chiama le amiche e le vicine, e dice: “Rallegratevi con me, perché ho trovato la moneta che avevo perduto”. Così, io vi dico, vi è gioia davanti agli angeli di Dio per un solo peccatore che si converte».

 

Commento:

«Un figlio, diventato giovanotto, /disse ar padre: “Sta vita maledetta/mo’ basta, damme quello che me spetta, ho già deciso: vojo fa’ fagotto”… E intanto er padre stava de vedetta, sperava sempre…Un giorno, tutt’un botto, lercio, da fa’ pietà, tutto pidocchi, se presenta quer fijo benedetto, casca a terra e j’abbraccia li ginocchi. Allora er padre fece un gran banchetto e all’arto fijo, che già sgranava l’occhi, je disse: “Questo è tanto che l’aspetto!». Ho voluto introdurre questa riflessione su questa Domenica con questa parabola del “Figliuol Prodigo” nella versione di Bartolomeo Rossetti (“Er Vangelo seconno noantri”, Ed. Città Nuova). Con nostalgia ascoltavo nel periodo dei miei studi romani questi brani in dialetto romanesco! Sì, è la “Domenica del Padre prodigo d’amore”, largo nel perdonare sia il figlio smarrito che il figlio maggiore. Sembra che il Vangelo cominci, raccontando che i lontani si avvicinavano a lui e i vicini si distanziano con la critica. Gesù ci ha raccontato l’essenziale della Vita Trinitaria: Dio è Amore Misericordioso. È una Domenica in cui tutto rotola verso un clima di festa: festa per la pecora ritrovata, festa per la moneta rinvenuta, festa per i due figli riabbracciati. C’è da chiedersi: e noi, quando noi facciamo festa? Siamo portati più a “far festa” o “far la festa” ai nostri fratelli più deboli? Se il nostro Dio ci ha inseguiti dall'Eden, come poteva non rivelarci il Volto di chi non si rassegna allo smarrimento della Sua creatura? Ha tenuto vivo il Suo Progetto nel cuore dei Santi Patriarchi, dei Profeti e, infine, ha aperto il Libro del Costato del Suo Figlio, perché potessimo leggere quanto ci ama, quanto il “Padre” tiene aalla sua creatura! Solo chi è stato perdonato e ha fatto l’esperienza di posare il suo capo tra le braccia di Dio può insegnare ad abbracciare nel perdono senza limiti. Si pone un urgente interrogativo: quale pastorale per quanti sono “lontani”? Basta una pastorale di contenimento, di cura di quanti sono nell’ovile, nei nostri gruppi o associazioni? Siamo all'inizio di un nuovo servizio pastorale nella nostra Diocesi: è tempo di riflessione, di preghiera, di decisioni, attorno al grande tema della "LITURGIA", perché il territorio diventi strada da percorrere e incontrare tanti fratelli e sorelle che sono “vicine”, e tanti che riteniamo o sono “lontani”. Don Sante

 

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