Cultura ed Eventi

«l'avvenimento sarà il vostro maestro interiore!»

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Dal Vangelo secondo Luca (Lc 13,1-9)

In quel tempo si presentarono alcuni a riferire a Gesù il fatto di quei Galilei, il cui sangue Pilato aveva fatto scorrere insieme a quello dei loro sacrifici. Prendendo la parola, Gesù disse loro: «Credete che quei Galilei fossero più peccatori di tutti i Galilei, per aver subito tale sorte? No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo. O quelle diciotto persone, sulle quali crollò la torre di Sìloe e le uccise, credete che fossero più colpevoli di tutti gli abitanti di Gerusalemme? No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo».
Diceva anche questa parabola: «Un tale aveva piantato un albero di fichi nella sua vigna e venne a cercarvi frutti, ma non ne trovò. Allora disse al vignaiolo: “Ecco, sono tre anni che vengo a cercare frutti su quest’albero, ma non ne trovo. Tàglialo dunque! Perché deve sfruttare il terreno?”. Ma quello gli rispose: “Padrone, lascialo ancora quest’anno, finché gli avrò zappato attorno e avrò messo il concime. Vedremo se porterà frutti per l’avvenire; se no, lo taglierai”».

 

Alcune riflessioni:

 Siamo giunti alla terza tappa del nostro cammino quaresimale. L’evangelista Luca ha sviluppato precedentemente il tema della necessità della vigilanza, per incontrare il Signore, e la necessità riconoscere il tempo (“kairòs” = tempo favorevole) della presenza di Gesù. Paolo afferma che tutto quello che è successo nella storia di Israele «avvenne come esempio per noi» (1C.10,6): il Dio dell’Alleanza è Colui che si rivela nel dialogo con Mosè come il «Dio di tuo padre, il Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe» (Es.3,6), cioè una divinità unica, che intreccia la Sua Storia con la storia degli uomini. Ma quale relazione cerca Dio dal Suo popolo? È il Vangelo che ci dice che tipo di relazione cerchi, nella parabola del fico sterile. Il padrone della pianta del fico cerca i frutti, che non trova, tanto che decide di sradicarlo dal Suo terreno. Ma, alla fine, cede all'accorata richiesta dell’agricoltore (il Figlio Suo, Gesù). Il nostro Dio è un Dio che non cerca la distruzione di chi non è “efficiente”, ma è un Dio che sa pazientare. È un Dio spera nell'uomo e nella sua capacità di fruttificare! La Mano del nostro Dio non si anima di vendetta, ma diventa calda ed accogliente, come quella di una mamma,anche verso il figlio discolo e capriccioso. Nel Vangelo apprendiamo anche alcuni fatti di cronaca del tempoPilato che mescola il sangue di animali sacrificati con quello di alcuni Galilei; una torre in Siloe che rovina su diciotto operai a Gerusalemme. Gesù legge questi due avvenimenti di “cronaca” come momenti favorevoli, come appelli a cambiar vita, a convertirsi. In Gesù, ci viene mostrato il Volto Paterno-Materno di un Dio che non vuol distruggere, tagliare ciò che non produce, ma sa lavorare fin nelle radici anche di chi è addormentato e sterile. Quanto avviene di disastroso ed è riportato nelle nostre case da telegiornali o dai quotidiani, tante lentezze nel portar frutto di vita rinnovata ci portano a quella stupenda conclusione del filosofo francese Emmanuel Mounier«L’avvenimento sarà il vostro maestro interiore», sarà la fonte per una riflessione seria e per delle scelte mature e responsabili. Impariamo dallo stile di Gesù a passare dall'ascolto di fredde notizie di cronaca a ciò che è urgente da fare: accorgerci della vocazione all’Eternità, che si avvicina ogni giorno di più. A volte, noi sembriamo come uno sciame di barche saldamente ancorate a scogli e moli di sicurezze passeggere, invece di essere ancoràti all'eterna volontà di salvezza del nostro Dio. Vorremmo avere occhi divini per leggere la Storia, i nostri avvenimenti col Suo Cuore e dare così un nuovo volto alla malattia, al dolore. Leggere quello che ci accade, malattie, drammi, morti tragiche, con gli Occhi di Dio deve condurci ad una saggezza e alla conversione del cuore. Questi eventi sono come “campanelli di allarme”, che fanno comprendere la provvisorietà della nostra esistenza su questa terra. Non siamo chiamati a specializzarci in mormorazione e rabbia, quando ci accade l’imprevedibile…Dio non è in ritardo; ma ritarda a rinsaldarsi la nostra fede debole e fragile! La torre che non crolla ancora in noi, nelle nostre famiglie e nelle nostre comunità è quella della pigrizia, dinanzi a un Dio che ha premura che l’albero della nostra vita porti frutti. Se Dio visita oggi l’albero della nostra vita, lo troverà fruttuoso o sempreverde, perché di … plastica e senza frutti? Liberiamo il bene che è nelle nostre radici, perché Dio, Gesù sono in attesa di una risposta! Don Sante 

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