Cronaca
L’assetto idrogeologico di Gravina in Puglia
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10 Set 2018
- Ultima modifica il Lunedì, 10 Settembre 2018 11:31
- Pubblicato Lunedì, 10 Settembre 2018 11:31
- Scritto da LA REDAZIONE
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Il ricominciare a scorrere acqua nei piloni “Madonna della Stella” di cui questa redazione ha pubblicato, con soddisfazione, foto e quanto avvenuto, non ci fa interrompere la pubblicazione di stralci di notizie storiche. Esse oltre ad informare i lettori, speriamo possano essere da sprono a coloro che hanno il dovere di far continuare i lavori di pulizia e di ringraziamento alle tante persone che stanno operando.
Il territorio di Gravina ricade in area sostanzialmente tranquilla da un punto di vista geodinamico collocandosi nell’Avanfossa Apula dell’Appennino Meridionale (Azzaroli et al., 1968). Nella zona è presente un substrato calcareo ascrivibile alla Formazione cretacea del Calcare di Altamura su cui in discordanza stratigrafica è presente la Formazione delle Argille grigio-azzurre Subappennine del Plio-Pleistocene. In successione segue la Formazione delle Calcareniti di Gravina, di età
Plio-Pleistocenica: si tratta di rocce comunemente note con il termine di “tufo calcareo” che da un punto di vista tecnico sono classificabili come rocce tenere; infatti, sono caratterizzate da un’elevata porosità e un grado di cementazione variabile che consente di distinguere le seguenti varietà o livelli (Cotecchia et al., 1985):
• Mazzaro - Aspetto cinereo e compatto con elevata resistenza a compressione e all’usura;
• Carparo - Aspetto giallastro e mediamente compatto, granulometria grossolana e
porosità elevata, resistenza alla compressione e all’usura medie;
• Cozzarolo - Aspetto bianco-giallastro, granulometria grossolana con abbondanti macrofossili, porosità elevata e resistenza a compressione e all’usura medio-bassa;
• Scorzo - Biocalcarenite costituita da Molluschi e Briozoi, con grado di cementazione elevato e buona resistenza a compressione e all’usura;
• Arrone - Aspetto bianco-giallastro, granulometria medio-fine e bassa resistenza meccanica e all’usura.
La parte sommitale della successione stratigrafica, ascrivibile al Pleistocene, è costituita da litotipi sabbiosi ascrivibili alla Formazione delle Sabbie di Monte Marano e alla sovrastante Formazione delle Sabbie dello Staturo. I termini pleistocenici della successione presentano locali e parziali rapporti d’eteropia con le sottostanti formazioni.
Da un primo inquadramento idrogeologico dell’area si evince che gli acquiferi in cui si originano le sorgenti che alimentano la rete acquedottistica di Gravina in Puglia, sono costituiti dalle Calcareniti di Gravina, per quanto riguarda l’acquedotto di Pozzo Pateo e dalle Sabbie dello Staturo e di Monte Marano, per quanto riguarda gli altri due acquedotti. Si tratta quindi di acquiferi superficiali che, considerato l’esiguo spessore che le formazioni presentano nell’area, in genere non superiore ai 30 ÷ 50 m, non possono ospitare cospicui volumi d’acqua.
L’acqua di falda si muove a pelo libero e sotto gradienti idraulici non elevati grazie anche alla discreta permeabilità per porosità delle calcareniti e delle sabbie.
La presenza di una frazione limosa, soprattutto nella parte basale delle Sabbie di Monte Marano, congiuntamente alla discreta durezza delle acque di falda sono state due delle cause principali dei reiterati interventi di manutenzione operati nelle canalizzazioni degli acquedotti al fine di eliminare le incrostazioni calcaree e gli accumuli di sedimenti.
Le sorgenti che alimentano i tre acquedotti sono perenni, tuttavia hanno portate esigue, in genere non superiori ai 3 l/s, con scaturigini prevalentemente di tipo diffuso e dovute a limite di permeabilità.