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Cultura ed Eventi

Come salvare l’immenso patrimonio archeologico della nostra città

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Mentre, da qualche parte, sembra accendersi la speranza, con l’approvazione di una delibera della Giunta Comunale del 24 giugno scorso, tesa a procedere all’affidamento della gestione del Museo tramite concessione a terzi mediante procedure di evidenza pubblica per la durata di anni quattro prevedendo un rimborso spese annuale fino ad € 12.000,00 debitamente rendicontato e la corresponsione di € 70.000,00 a titolo di start-up per l’esecuzione delle attività propedeutiche, dall’altra, invece, bisogna pensare concretamente alla possibilità, non tanto remota e né peregrina, di vedere realizzati più Musei archeologici nella nostra città, cercando di recuperare definitivamente l’intero ed immenso patrimonio archeologico sparso per ogni dove, tra esposizioni, nascondigli e depositi. Per evitare, tra l’altro, il dispendio di risorse umane, materiali ed immateriali. Per svegliare dal torpore atavico i gravinesi, facendogli recuperare l’orgoglio dell’appartenenza.

Da tempo vado perseguendo questo progetto, nonostante l’incuranza e il lassismo delle istituzioni preposte, oltre al disinteresse generale di una città, che, forse, ha da pensare a ben altro, non ora che, magari, è in ferie o rilassata, piuttosto che recuperare le radici della propria storia.

Il mio progetto, in sintesi, è fare di Gravina la Città dei Musei. Un attrattore e una attrattiva turistica di spessore, di qualità, che ci porrebbe preparati ad accogliere, non in maniera improvvisata, un turismo intelligente, colto, selezionato, divulgativo. Perché l’idea si realizzi è necessario procedere per ordine e per gradi, cominciando a far sedere attorno ad un unico tavolo Amministrazione comunale, Soprintendenza Archeologica della Puglia e Ministero per i Beni Culturali. Una volta raggiunto questo primo obiettivo, bisogna far scaturire le proposte organizzative ed operative. Prevedere un ricensimento e una ricatologazione di tutto il materiale esistente. In loco e altrove, frutto delle lunghe e quasi cinquantennali campagne di scavi, soprattutto e principalmente ad opera di studiosi stranieri, come la Scuola Britannica, l’Università del Canada, con i professori Perkins, Whitehouse e Small.  Dopo una prima ricognizione, ripartire e distinguere i singoli reperti per epoche storiche, sì da poter prevedere, per i vari periodi, contenitori da allestire in un ordine di fruibilità ragionata e razionale.  Il Comune di Gravina, oggi e attualmente, ma in attesa di poterne acquisire altri, dispone di specifici contenitori da riempire, da allestire e da destinare a questa funzionalità. Se per un progetto simile, che può sembrare ambizioso ed irrealizzabile, ci si arrocca dietro motivazioni di carattere economiche e finanziarie carenti, inesistenti e insufficienti, questo assunto, magari presagio di cattiva volontà, può subito decadere, vista la possibilità di accedere a fondi europei. Superata questa empasse burocratica, bisogna avviare l’allestimento, partendo da un sito ben preciso: i locali dell’ex Convento di San Sebastiano dove, attualmente, c’è la sede del Centro Operativo per l’Archeologia del Ministero per i Beni Culturali. Perché partire da qui? Semplice ed elementare. Siccome, nel corso dei lunghi anni, questa città si è preso il lusso di lasciarsi sfuggire l’occasione di poter vedere riconosciuto un museo archeologico di respiro nazionale, come è successo altrove; in altre realtà meno importanti e meno interessanti ed invasive come la nostra da un punto di vista archeologico, ripartire da una struttura, riconosciuta a livello ministeriale, potrebbe dare alle nostre nascenti istituzioni quel riconoscimento nazionale che ci siamo autonegati per decenni. Tra l’altro, la struttura di San Sebastiano, per contratto e convenzione viene gestita per i servizi dal Comune. Il personale è alle dipendenze del Ministero. Quindi, per valorizzare al meglio quella struttura esistente; per evitare che un giorno, di un domani, magari anche prossimo, quella struttura possa dirsi completamente chiusa per esaurimento del personale esistente, tutto deve partire da quel luogo, con i soliti e preventivi accordi con le altre istituzioni interessate. Dopo di che, procedere alla riapertura e fruibilità degli altri contenitori, che abbiano un collegamento tra di loro, in una specie di rete e percorso museale, conservando sempre le caratteristiche della diversità per periodi ed ere storiche. Se la città legale e reale si cincischieranno di meno con frivolezze, bassezze demagogiche e strumentali, forse, senza troppe utopie, potranno essere fatti salti di qualità e passi da gigante verso la ricostruita e ricostituita identità storica. Senza dover sottostare a nessuno; senza dover rincorrere i fantasmi o le fattezze altrui, il famoso, decantato, sbandierato e mai ottenuto riconoscimento nella famiglia Unesco, magari a volte in termini meschini, miserabili, da pezzenti e miserevoli. Si dice: le idee camminano sulle gambe degli uomini. O dovrebbero. Qui bisogna, non solo mettere in movimento le gambe, ma, soprattutto, il cervello nel senso di intelligenza creativa progettuale.

Giuseppe Massari

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