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Cultura ed Eventi

Sanda Lucì: la festǝ dǝ lǝ Chiasciarelǝ

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Nella lama “Chiascio”, oggi Piaggio, fu consacrata una chiesa grotta dedicata alla Vergine Maria, denominata “Santa Maria De Chiancone”, perché la chiesa-grotta era a ridosso di un grosso macigno e al disotto della rupe che sovrastava la stessa chiesa, posta sul ciglio del burrone “gravina”

Essa fu consacrata posteriormente a quella di San Michele, posta sul ciglio opposto della lama Fondovito, e quando iniziò il popolamento della lama detta “Chiascio” luogo ghiaioso, sabbioso come una spiaggia coperta da detriti".

Questa chiesa rupestre si è tramandata con la denominazione di Santa Lucia e con i segni di una certa importanza, visto che divenne chiesa parrocchia da sola e congiuntamente alla chiesa di San Giovanni Battista.

Nel 1310 la chiesa, denominata “S. Marie de Playo” era retta dal presbitero Tommaso, il quale pagava 1 tarì e 16 grana di decima. Questa fonte è la più antica e alquanto preziosa perché attesta la presenza e vitalità della chiesa e del culto.

Chiesa piccola e antica, situata alla propaggine più bassa del rione Piaggio. La sua sacrestia è cavata nel tufo e, sicuramente è l’ambiente dell’antica chiesa–cripta di S. Maria de Chiancone.

L’antica chiesa di Santa Lucia era presso la chiesa-grotta, denominata Santa Maria de Linaris o Della Neve. Nel 1483 era rettore o abate don Angelillo de Clementellis. In seguito fu curata da vari esponenti della famiglia D’Erariis.

La chiesa aveva l’altare maggiore nell’abside centrale, e nel lato sinistro c’era una cappella dedicata a Santa Lucia, la cui devozione era molto sentita dagli abitanti. Infatti, nel 1574, furono inventariati tantissimi ex-voto d’argento.

Nel 1686 era già esistente l’attuale chiesa di Santa Maria del Piaggio o di S. Lucia.

Ha volta a botte, ad unica navata con un solo altare in tufo con nicchia racchiudente la statua lignea di Santa Lucia (opera dello scultore Giuseppe Stuflesser di Ortise)i, realizzata nel 1976. La statua preesistente fu restaurata da Angelo Amodio e sistemata nella pinacoteca vescovile.

Nel 1572, Francesco Bosio, vescovo di Gravina, unificò la chiesa parrocchiale di Santa Maria del Piaggio, ossia Santa Lucia, con la chiesa di Santa Maria di Coluni, che costituivano un beneficio semplice di libera collazione, poiché versavano in precarie condizioni economiche. Infatti, l'una viveva di esigui e tenui proventi, amministrati da un proprio rettore, l'altra distante da Gravina circa due miglia, era rimasta priva di guida per la morte del rettore, Donato La Ragione.

Su quel beneficio, fuso, avanzavano diritto di "iuspatronatus e di iuspresentandi " i membri della famiglia Calderoni, fondatrice del beneficio di Santa Lucia.

Il vescovo Domenico Cennini il 6 settembre del 1652 separò il beneficio di S. Maria di Coluni dalla parrocchia di Santa Lucia, affidando il primo nelle mani del chierico Antonio Maiorano, la seconda nelle mani del sacerdote Guglielmo Gallo. Durante una visita di monsignor Valvassorio, il sopradetto Guglielmo Gallo insistette per una riunificazione del beneficio di S. Maria di Coluni con la parrocchia di S. Lucia.

 

La storia socio-antropica del quartiere “Piaggio” o meglio “Chioscǝ” tramanda che gli abitanti adottarono Santa Lucia come loro Santa protettrice sin da quando la chiesa, ad essa dedicata, fu elevata a parrocchia. Infatti il 13 dicembre, giorno martirologico dedicato a Santa Lucia, era la festa padronale del quartiere e tutti gli abitanti, di bassissimi strati sociali, unanimemente si adoperavano per la migliore riuscita della festa: quella  religiosa con novena, messe, processione; quella laica con luminarie, festini e lauti pranzi con piatti poveri tradizionali, in cui non mancava mai la carne di cacciagioni (volatili, lepri, volpi, cinghiale), di capretti, agnelli, galli ruspanti, conigli  che si allevavano nelle grotte e nei pressi delle abitazioni.

La festa assumeva una particolare caratteristica ambientale favorita dalla scenografia dei luoghi e ancor più particolare dal punto di vista folcloristica per costumi ed usanze che attiravano amici e parenti degli abitanti che abitavano nelle campagne e nei paesi limitrofi. Concorrevano i cittadini del quartiere Fondovito e quelli degli altri quartieri. Senza ombra di dubbio, la tradizionale festa fu tenuta viva dagli abitanti fino a quando, poi, fu adottata e vivificata dai fabbri, dai maniscalchi, dai meccanici e da altre categorie di artigiani. Grazie a quest’ultimi la festa è stata tramandata e mantenuta viva con altalenanti periodi di gloria e di semplice celebrazioni di messe in onore della Santa, protettrice degli occhi. Infatti, la tradizionale festa si sarebbe spenta definitivamente dopo lo spopolamento e abbandono del quartiere da parte della totalità degli abitanti trasferiti presso le case popolari tra gli anni 50’, 60’, 70’. Oggi, la Festa di Santa Lucia è detta Festa dei Fabbri che, con apposito comitato, perpetuano la tradizione e mantengono vivo il culto.

 

 

Fedele Raguso

 

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