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Cronaca

L’essere tifoso vuol dire anche…

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Non ha importanza dove si è nati, quando come e dove si sono avuti i primi approcci con il calcio, per diventare un appassionato, un tifoso. Il tifo è una malattia giovanile che dura tutta la vita, e se fin troppo spesso le tifoserie salgono agli onori delle cronache per scontri e gesti antisportivi, accade alle volte che invece proprio dagli spalti nascano dei gesti di solidarietà che non hanno eguali.
Una di queste storie arriva dalla Colombia tra due tifosi rivali, il primo del Millonarios, il secondo del Santa Fe. Due squadre di calcio entrambe di Bogotà, amiche e nemiche un po’ come lo sono Altamura e Gravina.

José sin da bambino si era appassionato al Millonarios e ne seguiva le partite ogni volta che gli era possibile.

Colpito dalla sindrome di Usher, comincia a non sentire più e a non vedere più; da anni vive così ma non c’è settimana che lui non sia li sugli spalti dello stadio per seguire i suoi undici beniamini. Si perché lui la partita non può ascoltarla, né tantomeno vederla, lui la partita la sente. E il senso del termine è letterale perché con le sue mani può percepire tutto ciò che accade in campo grazie ad un tifoso rivale.

César sa esattamente cosa significa essere tifoso, vivere aspettando quell’appuntamento domenicale. E così un bel giorno si mette al lavoro e costruisce una riproduzione del campo di calcio su di un cartoncino, poi passa a prendere José e lo porta allo stadio. Gli si siede davanti e, dopo aver poggiato il cartoncino sulle gambe, afferra le mani di José e seguendo ciò che avviene in campo lo guida in una partita fatta di indici, pollici e mignoli. Sono i giocatori nati dalla fantasia di César che si muovono esattamente come quelli in campo.

E José è lì che si lascia guidare e sorride oppure si cruccia se quel mignolo segna un gol o lo sbaglia.

L’ultima partita che i due hanno seguito è stato il derby ta il Millonarios e il Santa Fé. A vincere è stata la squadra di José, ma César quel giorno dallo stadio è andato via sorridendo. Perché sa che lui e il suo amico hanno superato una barriera che non è solo quella che divide due tifoserie.

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