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Cronaca

A 32 ANNI DALLA STRAGE DI CAPACI

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Era il 23 maggio del 1992, una bomba posizionata all'altezza di Capaci fa saltare in aria l'auto su cui viaggia il giudice Giovanni Falcone. Con lui la moglie, il magistrato Francesca Morvillo, e gli agenti della scorta Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro. 32 anni dopo quel sabato, la memoria resta e non passa, e anche quest'anno viaggia sulle gambe degli studenti che da ogni parte d'Italia raggiungono Palermo per le iniziative in sua memoria. Così oggi, nel giorno dell'anniversario, la Fondazione Falcone dedica la giornata al ricordo delle vittime della tragedia sul lavoro di Casteldaccia. 

A Capaci apre al pubblico MuST23 nella stazione ferroviaria in disuso, trasformata in un museo immersivo che conduce sul luogo della strage attraverso immagini della Rai girate poco dopo l'esplosione e con la mostra fotografica dell'ANSA "L'eredità di Falcone e Borsellino". L'ex stazione ferroviaria è stata destinata a questa iniziativa da Rfi grazie al progetto presentato dai ragazzi di Addiopizzo travel e Capaci No Mafia e sostenuto da Invitalia. 

Ma è in tutta Italia che oggi ci saranno manifestazioni seguendo quanto ebbe a dire don Ciotti, fondatore di Libera: Non basta scrivere le leggi nei codici se prima non le abbiamo scritte nelle nostre coscienze. Prima di parlare di legalità dobbiamo riflettere sulla responsabilità, perché è la base della nostra libertà. In questi anni si è parlato molto di legalità, dimenticando che senza civiltà – la giustizia sociale, i diritti, l'educazione, la cultura, le politiche sociali, il lavoro – la legalità resta una bella parola ma una parola astratta e parola lontana. Ci dà speranza il fatto che a sentire forte l'impegno e la voglia di mettersi in gioco siano soprattutto i giovani, ovvero persone non indurite dagli egoismi, non intossicate o corrotte dalla sete di denaro e di potere. Abbiamo bisogno di una memoria viva che si traduca tutti i giorni in responsabilità e impegno. Dobbiamo trasformare la memoria del passato in un'etica del presente. Se Giovanni Falcone fosse ancora vivo e vedesse lo stato di salute delle mafie direbbe forse che saranno sconfitte solo quando tutti noi torneremo a essere più umani, più giusti, più responsabili, più coraggiosi per lottare per la ricerca della verità e della giustizia”.

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